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Fiducia, terapia e tempo: tre nuove parole per la cura della psoriasi

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Redazione 23 Dicembre 2019
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La psoriasi è una malattia cronica e molto diffusa anche nel nostro Paese, dove ne soffre circa il 3% della popolazione: il professor Antonio Costanzo, Responsabile di Dermatologia in Humanitas e docente di Humanitas University, ci parla della “dimensione T” e delle novità nella cura della psoriasi.

Può colpire a qualunque età, l’esordio può verificarsi anche in età pediatrica, e si manifesta con macchie cutanee, talvolta pruriginose, che possono interessare più aree del corpo.

La psoriasi può avere ripercussioni significative sulla qualità di vita ed è importante che il paziente sia seguito in un Centro specializzato, capace di indirizzarlo verso il percorso per lui più appropriato.

Al fine di sottolineare l’importanza di affrontare la malattia in modo corretto, per migliorare la propria qualità di vita e beneficiare al massimo delle terapie disponibili, ha preso il via la Campagna di sensibilizzazione “Dimensione T. Psoriasi non darle tempo”. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra medici dermatologi e le Associazioni Pazienti ANAP Onlus (Associazione Nazionale “Gli Amici per la Pelle” a sostegno dei malati di psoriasi e di altre malattie dermatologiche croniche) e Associazione Amici della Fondazione Natalino Corazza.

Migliorare la qualità di vita

“La psoriasi è una malattia cronica che può essere correlata anche ad altre malattie – le cosiddette comorbidità – come l’artrite o le malattie cardiovascolari. Si manifesta con chiazze rosse che possono comparire sulla pelle in qualsiasi zona del corpo e possono coinvolgere anche gran parte della superficie cutanea. Questo ha una ricaduta importante sulla qualità di vita dei pazienti: la presenza infatti delle chiazze sul viso o sulle mani può generare disagi nella vita di relazione.

La dimensione T racconta il modo in cui va approcciata questa malattia: si parla di fiducia (Trust), terapia (therapy) e tempo (time)”, spiega il prof. Costanzo.

Fiducia tra medico e paziente

“Una delle parole chiave è fiducia: è infatti importante che il dermatologo ascolti ciò che riferisce il paziente, ponendo attenzione anche ai minimi sintomi. Un paziente che presenta poche chiazze, ma molto pruriginose o localizzate in zone particolari, va ritenuto di grado severo al pari di un paziente che ha una diffusione più ampia della malattia. È altresì importante che il paziente si fidi dello specialista, riferendo ogni dettaglio utile a delineare il percorso più efficace”, continua lo specialista.

Aumentare il tempo libero da malattia

“Anche grazie alle nuove cure, la qualità di vita dei pazienti può essere migliorata e non va dimenticato quanto la qualità di vita sia legata al tempo necessario per la terapia: finora la maggior parte dei dermatologi ha prescritto farmaci topici, ovvero creme, che se applicate tutti i giorni richiedono fino a un’ora di tempo. Ridurre un impegno quotidiano di questo tipo permette di offrire al paziente più tempo libero da malattia”.

Scegliere la terapia più appropriata al singolo paziente

“A seconda della severità della malattia, intesa non solo come estensione sulla superficie cutanea ma anche come impatto sulla qualità della vita, lo specialista valuterà la terapia più appropriata per il singolo paziente. In questo momento le terapie più moderne, disponibili per i pazienti con forme moderate e severe, sono basate sui risultati della Ricerca scientifica in merito alla patogenesi della psoriasi, ovvero di come la malattia nasce. Lo sviluppo della psoriasi è infatti legato ad alcuni punti critici del sistema immunitario; punti che – se colpiti con i farmaci – assicurano nella maggioranza dei casi, la scomparsa delle chiazze dalla pelle con benefici a lungo termine.

Nell’approccio alla psoriasi dunque è importante individuare precocemente la malattia, al fine di evitare che progredisca verso forme più gravi; dare fiducia al paziente che indica i sintomi e suggerisce al dermatologo l’approccio più adeguato; arrivare per tempo a offrire una terapia efficace, così come garantire ai pazienti più tempo libero da malattia, migliorandone la qualità di vita”, ha concluso il prof. Costanzo.

Fonte: www.humanitas.it