Pio Albergo Trivulzio: la denuncia di una infermiera volontaria
Su “La Gazzetta del Mezzogiorno” in un articolo a firma Valentino Sgaramella è riportata la testimonianza di Maria Rosaria Laera, infermiera di Turi arrivata al Pio Albergo Trivulzio come volontaria della Protezione Civile.
«Il vero focolaio in Lombardia è nelle residenze sanitarie assistenziali (le case di riposo, n.d.r.. Quello a cui abbiamo assistito al Pio Albergo Trivulzio è incredibile. Negavano l’infezione ai parenti e negavano guanti e mascherine agli operatori sanitari. È chiaro che il virus si è diffuso a macchia d’olio. Se un magistrato milanese vorrà ascoltare anche me, sono disponibile».
Le sue dichiarazioni vanno anche oltre, parlando di dispositivi di protezione individuali a norma spediti dalla protezione civile (il periodo di riferimento è quello di sue settimane fa circa, metà aprile) ma non consegnati agli ospedali una volta giunti nella regione lombarda. Anzi, continua la Laera, furono distribuiti al loro posto dispositivi non a norma. Oltretutto, continua, sono state ricevute intimidazioni dalle aziende sanitarie locali dopo che i volontari hanno contattato Angelo Borrelli (capo dipartimento della Protezione Civile), che aveva loro vietato di operare senza che gli venissero forniti i dispositivi a norma.
L’infermiera riporta anche la totale mancanza al Pio Albergo Trivulzio di «un percorso che separasse gli operatori a contatto con i pazienti positivi né che separasse gli stessi operatori positivi da quelli negativi.»
Qui l’articolo completo dove potete leggere le sue dichiarazioni per esteso