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Lombalgia: lo stile di vita sedentario tra le cause del mal di schiena

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Redazione 28 Dicembre 2020
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La lombalgia o low back pain o, più semplicemente, mal di schiena, è un disturbo estremamente comune, basti pensare che in Occidente l’80% circa delle persone dichiara di averlo sperimentato almeno una volta nella vita: ne parliamo con il Dottor Virelli, dell’unità di Riabilitazione Ortopedica in Humanitas.

“La lombalgia si manifesta come un dolore localizzato nella parte bassa della schiena, che può irradiarsi fino alla parte prossimale della gamba, dunque fino alla zona alta della coscia e ai glutei, e che può essere associato a un senso di pesantezza e di contrattura muscolare”, spiega il dottor Lorenzo Virelli.

Lombalgia: un dolore meccanico associato a uno stile di vita sedentario

“Quando un paziente lamenta dolore alla schiena, può essere sia il sintomo di patologie sottostanti, sia un dolore a sé stante, di tipo meccanico, che definiamo lombalgia aspecifica. Compito dello specialista è distinguere tra queste differenti condizioni.

La lombalgia aspecifica, implica un funzionamento errato della colonna vertebrale, tale da determinare il dolore che caratterizza tipicamente la patologia. Il fattore di rischio principale della lombalgia aspecifica è dunque rappresentato da uno stile di vita sedentario e da attività che costringono il paziente a mantenere per lungo tempo la medesima posizione. In un’ottica di guarigione, dunque, è fondamentale mantenere, all’opposto, uno stile di vita dinamico e attivo e tenere sotto controllo il peso corporeo: i pazienti sovrappeso, infatti, sono quelli maggiormente soggetti a questo tipo di problematiche”, approfondisce il dottor Virelli.

“La lombalgia viene trattata principalmente con la fisioterapia. Il paziente, insieme al medico e al fisioterapista, affronta un percorso di rieducazione al movimento e di rinforzo muscolare, che proseguirà poi autonomamente a casa. 

Se, però, la lombalgia si manifesta più severamente, alla fisioterapia possono essere associate anche altre terapie, come quella infiltrativa, con vari farmaci tra cui l’ozono (terapia all’avanguardia e molto promettente), o ancora l’utilizzo di un busto, da indossare per un numero determinato di ore al giorno. Quando la lombalgia si manifesta in forma acuta, per esempio con il cosiddetto colpo della strega, lo specialista potrebbe anche ritenere necessario il ricorso a un trattamento farmacologico”, continua lo specialista.

Smart working e lombalgia

“Lo smart working, in questi mesi, ha avuto particolare incremento a causa della pandemia e, quando si parla di salute della schiena, può rappresentare sia un rischio che un’opportunità. I fattori di rischio, in questo caso, sono rappresentati dalla scarsa attività fisica giornaliera di chi pratica lo smart working, ma anche dalla mancanza di una postazione lavorativa dedicata, con la strumentazione posizionata nella maniera più idonea. Inoltre, anche lo stress causato dall’emergenza sanitaria si riflette a livello muscolare e porta il paziente a percepire più intensamente il dolore alla schiena.

Per contro, però, questo periodo ci offre anche la possibilità di organizzare la nostra quotidianità in maniera più aderente alle esigenze e ai ritmi individuali, consentendo di dedicarsi quotidianamente all’attività fisica. Questo, per chi soffre di problematiche alla schiena, è sicuramente un’opportunità. In generale, il consiglio per chi soffre di questo tipo di fastidi, è mettere in atto delle strategie di compensazione: dunque non rimanere seduti troppo a lungo nella stessa posizione e postazione, ma cambiare frequentemente postura, alternando il lavoro da seduti a quello in piedi, con il computer appoggiato a un supporto rialzato.

Per chi avesse necessità di contattare gli specialisti Humanitas, oltre alle visite normali, è attivo anche un servizio di telemedicina, pensato appositamente per continuare a seguire i pazienti anche durante l’emergenza. Le prestazioni in telemedicina possono essere richieste al momento della prenotazione e richiedono almeno una prima visita in presenza”, conclude il dottor Virelli.

Fonte: www.humanitas.it

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