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Malattie Rare, Emofilia: dalla diagnosi alla cura

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Francesca 18 Aprile 2023
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Venuta alla ribalta a metà dell’800, quando alcune teste coronate maschili di diverse case reali iniziarono a manifestare insolite emorragie e, nell’immaginario collettivo, questa condizione è diventata in breve tempo il “male dei re”: stiamo parlando dell’emofilia.

Giornata mondiale dell’emofilia: dalla diagnosi alla cura

Il 17 aprile ricorreva la Giornata mondiale dell’emofilia, una malattia genetica rara causata dall’assenza o dalla carenza di alcune proteine (chiamate fattori) presenti nel sangue e coinvolte nella complessa reazione a catena della coagulazione: una mancanza che provoca problemi di sanguinamento, che se non trattati, possono essere anche fatali.
Grazie alla scienza, sono stati fatti importanti progressi che hanno permesso di migliorare la qualità della vita dei pazienti emofilici con prodotti più sicuri ed efficaci. È ormai avanzata la ricerca nell’ambito della terapia genica per il trattamento dell’emofilia: una cura con l’obiettivo ambizioso di “guarire” questi pazienti.

Ne abbiamo parlato con Flora Peyvandi, direttore della “Medicina Emostasi e Trombosi” e del Dipartimento “Malattie Rare” del Policlinico di Milano e professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano. 

Come si arriva a sospettare l’emofilia? 

L’emofilia è un’alterazione della coagulazione dovuta principalmente alla mancanza di due proteine del sangue, il fattore VIII – che causa l’emofilia A – o IX – che provoca l’emofilia B. Nei pazienti con emofilia si possono avere emorragie spontanee, specialmente a livello delle articolazioni. I primi sintomi possono essere ematomi e sanguinamenti delle articolazioni fin dai primi mesi di vita, da quando, per esempio, il bambino inizia a gattonare oppure in seguito a piccoli traumi. Si effettuano allora esami ematici che valutano la coagulazione del sangue che possono confermare o meno i sospetti. Nel 40% dei casi, la diagnosi di emofilia è totalmente inaspettata, poiché la mutazione genetica che causa la malattia è di nuova insorgenza, quindi nessuno l’ha mai avuta prima in famiglia. Mentre nel rimanente 60% dei casi, la mutazione viene ereditata dalla mamma che ne è portatrice sana, cioè non manifesta i sintomi della malattia.

Quali sono le terapie per l’emofilia?

In presenza di un qualsiasi tipo di sanguinamento, è necessario fermarlo urgentemente con l’infusione del fattore della coagulazione mancante. Nelle forme gravi, per evitare sanguinamenti futuri si imposta una profilassi, cioè si somministra il farmaco periodicamente in modo preventivo. Allo stato attuale utilizziamo concentrati di fattore che vengono infusi in modo endovenoso due/tre volte alla settimana come profilassi. Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un netto miglioramento dei prodotti di trattamento che sono stati resi più efficaci e più sicuri. Inoltre negli ultimi anni è stato sviluppato un tipo di terapia non sostitutiva per l’emofilia A, ovvero un prodotto che pur non essendo un fattore della coagulazione, attiva la coagulazione con meccanismi diversi e che viene somministrata sottocute. In questo modo, l’infusione del fattore mancante sono in caso di sanguinamento. Per quanto riguarda invece l’emofilia B si hanno al momento prodotti sostitutivi che però sono stati modificati per consentire un allungamento della loro emivita, ovvero il farmaco dura di più nel circolo del paziente e quindi è possibile ridurre il numero di infusioni, da 2 volte alla settimana a 1 ogni 10 giorni/2 settimane. Inoltre sono in arrivo anche farmaci da somministrare sottocute che faciliteranno notevolmente la terapia.

Tre anni fa lei annunciava la prima terapia genica contro l’emofilia. A che punto siamo?

A distanza di oltre tre anni, il paziente con emofilia A che ha ricevuto, con una singola infusione, il gene del fattore VIIIsta bene non ha bisogno di altri farmaci per cura la sua malattia. Ora abbiamo diverse sperimentazioni in corso, anche per l’emofilia B. Nel nostro centro seguiamo pazienti di tutte le età, da neonati ad anziani. Questa diversità di pazienti e la varietà di farmaci a disposizione, impone di personalizzare la terapia, il che significa che il medico deve conoscere pro e contro di ogni prodotto, la sua efficacia e gli effetti collaterali, capire quale soluzione sia più adatta e discuterne con il paziente che deve essere parte integrante della decisione.

Fonte: www.policlinico.mi.it

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