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Corrente del Golfo: per un nuovo studio rischio stop nel 2050

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Vittorio Fontanesi 26 Luglio 2023
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Nell’ultimo periodo si sono susseguiti studi con modelli matematici sempre più complessi per capire in che stato sia la nostra “Corrente del Golfo” (in inglese AMOC, Atlantic Meridional Overturning Circulation) e nel caso prevedere quando potrebbe arrivare uno stop. Purtroppo maggiore diventa la complessità del modello e la potenza degli strumenti e peggiori sono le sue risposte: uno studio danese (Ditlevsen & Ditlevsen 2023) appena pubblicato su Nature stima il “tipping point” – ovvero il punto di non ritorno – attorno al 2050.

Questo è ormai il terzo studio pubblicato in poco tempo ad andare nella stessa direzione, e come detto prevede il punto di svolta già intorno al 2050, con un intervallo di incertezza del 95% per gli anni 2025-2095, comunque all’interno del nostro secolo. Teniamo in considerazione che tutti gli studi individuali hanno punti deboli e limitazioni, ma quando diversi studi con dati e metodi diversi indicano un punto di svolta che è già abbastanza vicino, anche professori del calibro di Stefan Rahmstorf ritengono che questo rischio debba essere preso molto seriamente.

In un suo recente post sul blog RealClimate, di cui è fondatore (da sempre considerato un baluardo della divulgazione scientifica), affronta il tema e mostra come i modelli precedenti non tenessero in considerazione elementi molto importanti che purtroppo portano alle considerazioni di cui sopra.

Che cosa comporterebbe uno stop della corrente del Golfo?

Premesso che si tratta di supposizioni, gli esperti convergono nell’identificare come effetti di uno stop della corrente del golfo: li effetti catastrofici potrebbero essere rilasciati in tutto il mondo se l’AMOC collassa.

Gli Stati Uniti, l’Europa e altri luoghi potrebbero vedere cambiamenti climatici improvvisi e gravi. Mentre le città costiere come Boston e New York potrebbero assistere ad un aumento del livello del mare, l’Europa potrebbe sperimentare un forte raffreddamento, per quanto possa sembrare almeno a prima vista paradossale, visto che la corrente oceanica porta acqua calda verso il Vecchio Continente, contribuendo a inverni più miti anche a nord.

La costa americana orientale potrebbe dover prepararsi per uragani e tempeste più severe con una riduzione delle precipitazioni e delle nevicate nella parte centrale ed occidentale degli Stati Uniti. La siccità nell’emisfero australe potrebbe aumentare, incrementando la spinta migratoria di miliardi di persone.

Fonte: https://www.realclimate.org/

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