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Comunicazioni

Ritiro di riso Carnaroli per presenza di Cadmio oltre il limite di legge

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Francesca 9 Ottobre 2023
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Il Ministero della Salute ha disposto l’immediato richiamo dagli scaffali dei supermercati di un lotto di riso Carnaroli per presenza di Cadmio oltre il limite di legge consentito: il prodotto interessato dal ritiro è il riso Carnaroli prodotto e venduto a marchio Carosio dalla catena di discount Lidl nei suoi negozi. Ecco i dettagli.

Ritiro di riso Carnaroli per presenza di Cadmio oltre il limite di legge

Il ritiro del riso Carnaroli è stato disposto a seguito della rilevazione di una presenza di cadmio oltre il limite consentito per legge.

Il prodotto in questione è venduto da Lidl in confezioni da un chilogrammo ciascuna. Il lotto interessato dal richiamo è quello con data di scadenza 11 febbraio 2025 (Codice a barre del prodotto: 20505318).

Il riso Carnaroli in questione è stato prodotto per Lidl Italia Srl dall’azienda Curti Srl nel proprio stabilimento di Valle Lomellina, in provincia di Pavia. La stessa azienda, che ne ha disposto il richiamo in via precauzionale, avverte che il prodotto non è idoneo al consumo. Per questo si invitano i consumatori che avessero già acquistato una delle confezioni con il lotto sopra indicato a non consumarlo e a riportarlo al punto vendita per il rimborso.

Cos’è il cadmio

Il cadmio è un metallo pesante che, presente nell’aria, nell’acqua e nel suolo, può accumularsi nelle piante e negli animali, e quindi anche negli alimenti. Nell’uomo presenta un certo grado di tossicità, soprattutto per i reni, ma può essere dannoso anche per le ossa perché ne può provocare la demineralizzazione. Come segnala l’Istituto superiore di sanità (ISS), le principali fonti di esposizione al cadmio per l’uomo sono gli alimenti come i cereali, le verdure, le noci, legumi e le patate. La dose settimanale di cadmio ammissibile negli alimenti non deve superare i 2,5 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo: lo ha stabilito il gruppo di esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

Fonte: www.salute.gov.it

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