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Approfondimenti Medicina

Paratiroidi, cosa sono e a che cosa servono?

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Francesca 30 Gennaio 2024
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Che cosa sono le paratiroidi, quale funzione hanno e qual è il loro rapporto con la tiroide?

Abbiamo rivolto queste e altre domande alla dottoressa Rosa Miranda Testa, endocrinologa responsabile dell’Ambulatorio Tiroide di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Che cosa sono le paratiroidi e a cosa servono?

«Le paratiroidi sono quattro ghiandole poste, in genere, vicino alla tiroide. Non sono famose come quest’ultima ma sono altrettanto importanti perché hanno la funzione di regolare il calcio presente nell’organismo, facendo in modo che ve ne sia la giusta presenza dal momento se ne abbiamo troppo o troppo poco il nostro organismo va in tilt».

«Le paratiroidi producono l’ormone paratiroide (PTH) che presiede alla regolazione di fosforovitamina D e, appunto, calcio all’interno dell’organismo, interagendo con reniossa e intestino, dai quali ottiene riassorbimento o escrezione di queste sostanze in base a quello che è il fabbisogno di ognuno di noi».

Quali conseguenze può avere un cattivo funzionamento delle paratiroidi?

«Un eccessivo funzionamento delle paratiroidi sfocia nell’iperparatiroidismo che viene definito primitivo, quando il PHT sale troppo e provoca la degenerazione di una o più ghiandole che diventano adenomatose: l’adenoma è un tumore benigno che produce PTH senza un controllo, in modo anarchico, determinando una presenza abnorme di calcio nel sangue. Una condizione che può condurre all’osteoporosi. Un’ipercalcemia grave può inoltre essere causa di aritmie cardiache e problemi neurologici. Infine il rene, dovendo espellere molto più calcio del dovuto, può essere intaccato dalla calcolosi».

Come si può diagnosticare l’iperparatiroidismo primitivo?

«È semplice capire che c’è un eccesso di PHT ma non è facile capire la causa di questo aumento, che non necessariamente può essere causato da un cattivo funzionamento delle paratiroidi. Il rialzo può infatti essere causato da una carenza di vitamina D o di calcio; oppure la causa può dipendere dalla presenza di altre patologie. Per questo, una volta verificato con i corretti esami del sangue e delle urine che c’è presenza di iperparatiroidismo primitivo in uno stadio già avanzato, bisogna andare alla ricerca dell’adenoma. Non è una ricerca facile, perché quando sono malate le paratiroidi possono misurare anche solo pochi millimetri e nascondersi dietro i lobi tiroidei ma anche in profondità nel collo o nella parte superiore del torace. Vanno ricercate, come primo esame, con un’ecografia eseguita da medici esperti, cui può fare seguito, nei casi più difficili una scintigrafia delle paratiroidi o una PET con traccianti specifici».

È possibile prevenire l’iperparatiroidismo primitivo?

«Si può prevenire solo l’iperparatiroidismo secondario a carenze, forma che è molto dannosa per le ossa, attraverso una corretta alimentazione e, quando necessario, l’assunzione di integratori di calcio e vitamina D. Gli alimenti che fanno bene, da questo punto di vista, sono quelli più ricchi di calcio e altre fonti come la frutta secca e anche alcune acque minerali. La vitamina D, invece, può essere assunta attraverso l’esposizione al sole, sempre osservando le dovute cautele»

Come si può curare, invece, la patologia provocata dal cattivo funzionamento delle paratiroidi?

«Quando l’ipercalcemia è grave oppure sono presenti complicanze come insufficienza renalecalcoli renaliosteoporosi o ipercalciuria – cioè una concentrazione eccessiva di calcio nelle urine – bisogna ricorrere all’intervento chirurgico della paratiroidectomia. Si tratta di un intervento che deve essere eseguito da chirurghi esperti, otorinolaringoiatri dedicati a questa specifica chirurgica. Nel caso in cui non si possa procedere con l’intervento, perché la condizione generale del paziente non lo consente, si procede con una cura farmacologica, a base di calcio mimetici, ovvero farmaci che “ingannano” la paratiroide e la inducono a secernere PTH controllando i livelli di calcemia. È una terapia, questa, che è in grado di salvare la vita al paziente ma che non riesce a risolvere le possibili complicanze che dovessero comparire a lungo termine».

Fonte: www.gavazzeni.it

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