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Gavazzeni, 24 anni e un cuore malato: curata dalla cardiochirurgia robotica

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Redazione 25 Maggio 2022
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Era il 2019 quando Humanitas Gavazzeni di Bergamo divenne il primo centro italiano ad attivare un programma di cardiochirurgia robotica, al fianco della cardiochirurgia tradizionale, della cardiochirurgia minivasiva e cardiologia interventistica: oggi, grazie a questa tecnologia, è stata salvata la vita a una giovane donna di 24 anni.

Il centro è attivo grazie al dottor Alfonso Agnino, responsabile della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo e cardiochirurgo specializzato da quasi 15 anni nell’uso di tecniche mininvasive video-assistita e al suo team robotico.

L’utilizzo del robot del cuore permette di risolvere come i difetti congeniti (difetto inter-atriale), l’insufficienza della valvola tricuspide e la patologia coronarica. E, in particolare, patologie della valvola mitrale.

La storia di Alessia, giovane paziente

Tanti i pazienti che hanno trovato la cura nel “robot del cuore” e le esperte mani del dottor Agnino e la sua equipe: ormai più di cento. Come Alessia Galli, 24 anni, di Calolziocorte, operata all’Humanitas Gavazzeni per un prolasso della valvola mitrale.

Prima dell’operazione, per Alessia, c’è stato un lungo periodo di limitazioni e di desideri infranti, dopo, invece, in modo emozionante, il presente e il futuro si sono riaccesi di speranza.

Un verdetto difficile

«Mi piace moltissimo lo sport – racconta Alessia -, e fin da piccola ho iniziato a dedicarmi alla ginnastica artistica e alla pallavolo. Immaginavo già di cimentarmi nelle gare e nelle partite dei campionati giovanili, quando purtroppo, a nove anni, una visita medico sportiva mi ha riservato una brutta sorpresa. Il medico, dopo il test sotto sforzo, si è accorto di un prolasso della valvola mitrale, che per di più era già di grado moderato. Non ho più potuto giocare a pallavolo perché non mi sarebbe stato possibile partecipare alle partite».

Un verdetto duro per una bambina così piccola: «Me lo ricordo come uno dei giorni peggiori della mia vita e trovavo ingiusto e terribile che me l’avessero comunicata come una sentenza definitiva, senza possibilità di recupero. Negli ultimi anni cercavo sempre di posticipare le visite per il timore che mi impedissero di proseguire».

A un certo punto i suoi timori si sono concretizzati: «Quasi un anno fa, nel giugno scorso, mi hanno detto che il mio disturbo era molto peggiorato, diventando di grado severo, e che quindi avrei dovuto sottopormi ad approfondimenti in una struttura adeguata a curare il mio problema».

La speranza ritrovata

Così Alessia si è rivolta all’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo, dove, dal 2019, è attivo un programma di cardiochirurgia robotica in grado di curare in modo risolutivo la sua patologia: «Fin dalla prima visita mi sono sentita risollevata – spiega – perché il dottor Agnino ha avuto un approccio diverso dagli specialisti che mi avevano visitato in passato. Mi ha detto, sì, come temevo, che non potevo più correre o camminare in montagna, ma che avrei dovuto sopportare quei nuovi limiti solo per poco. Mi ha infatti spiegato che ero la candidata ideale per un intervento risolutivo mediante l’utilizzo della tecnologia robotica in cardiochirurgia. E che grazie a quella operazione sarei riuscita a tornare a fare gli sport che volevo».

Alessia e la sua famiglia avevano cercato informazioni su una eventuale «soluzione chirurgica» del prolasso, ma fino a quel momento ne avevano sentito parlare come di una procedura invasiva, rischiosa, adatta solo ad alcuni pazienti: «Invece in Humanitas Gavazzeni mi hanno spiegato che questo tipo di intervento con il robot sarebbe stato mini invasivo e poco doloroso, e che sarei riuscita a tornare presto a correre».

L’intervento

L’utilizzo del robot permette di risolvere patologie della valvola mitrale e delle coronarie. La tecnologia usata riduce notevolmente il trauma dei tessuti: per l’intervento di Alessia il cardiochirurgo ha eseguito quattro incisioni di otto millimetri invece di aprire il torace.

«In questo modo – sottolinea la giovane – dopo le dimissioni non ho avuto bisogno di terapie riabilitative. Certo, ho dovuto recuperare le forze, e per il primo mese attenermi ad alcuni piccoli accorgimenti. Poi però ho iniziato a muovermi e a svolgere le mie attività quotidiane in modo del tutto autonomo. Dopo due mesi ho ripreso a correre e ad andare in montagna, senza più preoccupazioni».

Dopo l’operazione, quando si è svegliata dall’anestesia, la prima domanda che Alessia ha posto ai medici è stata: «Ora posso di nuovo correre?». 

Oltre alla possibilità di allenarsi, ha riconquistato la libertà, la leggerezza, una nuova serenità che le illumina gli occhi: «Quando parlo dell’intervento e della sofferenza che l’ha preceduto mi sembra di rievocare un’altra vita e un tempo lontanissimo, anche se in realtà ne è passato così poco. Mi sento completamente rinata».

Testo tratto dall’articolo pubblicato sulla testata “Eco di Bergamo” datitolo ‘Intervento mininvasivo, cuore a nuovo. E subito il desiderio di tornare a correre’ il 1 maggio 2022 scritto dalla giornalista Sabrina Penteriani

Fonte: www.gavazzeni.it

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