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Approfondimenti Medicina

Allergie alimentari: cosa sono e come si curano

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Francesca 22 Giugno 2023
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In Italia sono 2,1 milioni le persone che soffrono di allergie alimentari, un problema che si manifesta con reazioni anche molto violente fino allo shock anafilattico: quali sono gli alimenti più frequentemente incriminati? Cosa si può fare per evitare rischi? Ne parliamo con la dottoressa Stefania Milani, specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, Responsabile del Servizio di Allergologia del Policlinico San Marco di Zingonia e di Smart Clinic, struttura del Gruppo San Donato all’interno de ‘Le Due Torri’ di Stezzano e di ‘Oriocenter’.

Allergie alimentari, quando un alimento diventa un ‘nemico’ da combattere

“L’allergia è una condizione in cui il sistema immunitario riconosce una sostanza estranea normalmente innocua (detta allergene) come se fosse un agente aggressivo da cui difendersi. In chi è predisposto innesca quindi la produzione di un tipo di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE), che scatenano una reazione allergica più o meno violenta e causano sintomi, infiammazione e patologie a carico di differenti organi e apparati (polmone, pelle, occhi e naso) – spiega la dottoressa Milani -. 

Nel caso dell’allergia alimentare, l’agente aggressivo è rappresentato da un alimento che, a poca distanza dall’ingestione, scatena la reazione. A questo proposito è bene sottolineare che, in chi è predisposto a forme gravi di allergia, possono bastare anche piccole quantità di allergene”. 

I cibi più a rischio

Potenzialmente, tutti gli alimenti possono generare reazioni allergiche. Nella maggior parte dei casi, però, sono coinvolti:

  • frutta, come pesche, albicocche, melone, anguria etc.; 
  • frutta a guscio come noci e nocciole;
  • arachidi;
  • pesce, crostacei e molluschi;
  • uova.

Come si manifestano: i sintomi

La reazione allergica varia da persona a persona con sintomi molto vari. I più frequenti sono:

  • formicolio o prurito alla bocca;
  • orticaria e prurito;
  • gonfiore a labbra, viso, lingua, gola o altre parti del corpo;
  • difficoltà respiratorie;
  • dolori addominali, diarrea, nausea o vomito;
  • vertigini e senso di stordimento;
  • nei casi più gravi, anafilassi (perdita di conoscenza, ipotensione) e in casi molto rari il decesso. 

La diagnosi

La diagnosi di allergia alimentare passa attraverso un’accurata anamnesi e test specifici: “Innanzitutto lo specialista raccoglie informazioni riguardo a: 

  • sintomi che si sono manifestati; 
  • tipologia e alla quantità di cibi ingeriti; 
  • tempo intercorso tra l’ingestione e la manifestazione clinica; 
  • presenza di allergie in famiglia. 

Sulla base della storia clinica della persona, poi, lo specialista indicherà quali esami del sangue e test cutanei eseguire. L’esame che più di frequente viene utilizzato è il prick test che consiste nell’applicazione sottocute delle sostanze che si sospettano possano causare allergia (allergene) e nella valutazione della reazione che ne deriva. 

Si possono poi dosare gli anticorpi di classe E specifici per alimento, eseguire Prick test con alimenti freschi e utilizzare i più innovativi dosaggi di allergeni ricombinati (ImmunoCAP), in grado di fornirci la possibilità di valutare il grado di pericolosità potenziale alla riassunzione dello stesso alimento già responsabile di precedenti reazioni allergiche e quindi anche quale corretto comportamento alimentare il paziente dovrà tenere nei confronti di quell’alimento (possibilità di mangiarlo cotto, evitarlo totalmente)” spiega l’allergologa. 

Si nasce allergici o lo si diventa?

In tutte le forme di allergia esiste una predisposizione genetica, però non è detto che l’allergia si manifesti subito quando si è piccoli; si può sviluppare anche nel corso degli anni. Allo stesso modo, nel corso della vita, l’allergia a un determinato allergene può attenuarsi e ne possono comparire di nuove verso altre sostanze.

Cosa fare in caso di allergia alimentare

“Il primo trattamento in caso di allergia consiste nell’evitare, quando possibile, l’allergene o gli allergeni e quindi gli alimenti a cui si è risultati allergici – spiega la dottoressa Milani -. 

Per le fasi acute una classe di farmaci usata sono gli antistaminici che riducono il rilascio di istamina (mediatore chimico dell’infiammazione prodotto e rilasciato dalle cellule coinvolte nella risposta allergica e immunitaria) nel sangue. Questi farmaci però possono dare sonnolenza, effetto collaterale nettamente ridotto con le molecole di ultima generazione. 

A differenza della terapia delle allergie respiratorie dovute all’esposizione a graminacee, alberi, acari etc, l’immunoterapia desensibilizzante (comunemente chiamati vaccini allergologici) per gli alimenti attualmente ne esiste esclusivamente una per l’arachide che sta dando promettenti risultati positivi. Tale terapia non è ancora dispensata dal SSN. 

Lo shock anafilattico: la reazione più grave

Nelle persone predisposte, l’allergia alimentare può portare a reazioni gravi, tra le quali la più pericolosa è lo shock anafilattico.  “Lo shock anafilattico, o anafilassi, è una grave e generalizzata reazione allergica che si manifesta improvvisamente (da pochi minuti a massimo 2 ore dal contatto con la sostanza a cui si è allergici), coinvolgendo 2 o più apparati, ad esempio, pelle e sistema respiratorio, circolatorio o gastrointestinale. Alla base di questa reazione c’è il rilascio da parte dell’organismo, e in particolare di alcune cellule del sistema immunitario, di grandi quantità di istamina e di mediatori dell’infiammazione, in risposta al contatto con l’allergene. 

Si manifesta con un abbassamento improvviso della pressione sanguigna e una restrizione delle vie respiratorie con blocco della respirazione e, se non trattata tempestivamente, può portare anche alla morte” spiega la dottoressa Milani.  

Cosa fare in caso di shock anafilattico

In caso di segni di shock anafilattico, quindi, la prima cosa da fare è chiedere immediatamente un intervento medico (chiamando il 112 o recandosi in Pronto Soccorso). 

Se questo non è possibile o in attesa dei soccorsi, è utile posizionare la persona sdraiata con le gambe sollevate, controllandole il polso e la respirazione. 

Somministrare antistaminici e corticosteroidi per bocca in formulazioni orosolubili. Se disponibile, deve essere somministrata dell’adrenalina (epinefrina) attraverso un auto-iniettore. Questo dispositivo, spesso prescritto a persone con allergie potenzialmente gravi o che hanno già avuto un’anafilassi, consiste in una siringa (con un piccolo ago nascosto) che, premuta contro la coscia, inietta una singola dose di farmaco. L’uso immediato di un auto-iniettore consente il mantenimento dei valori di pressione e battito cardiaco in modo da consentire l’intervento dei soccorsi, in molti casi un salva-vita. 

Da con confondere con le intolleranze

Spesso le allergie alimentari vengono confuse con le intolleranze alimentari. “Si tratta di 2 cose completamente diverse. L’intolleranza alimentare infatti non è dovuta alla produzione di IgE, come lo è invece l’allergia, ma è dovuta all’incapacità dell’organismo di assorbire un alimento per motivi differenti. Inoltre i sintomi sono principalmente di tipo intestinale (dolori addominali, diarrea, vomito, perdita di sangue nelle feci) – sottolinea la specialista -. 

A questo proposito, è opportuno sottolineare che le uniche intolleranze alimentari che possono essere diagnosticate con certezza sono quelle al latte, al glutine (proteina presente in alcuni cereali) e al glucosio (iperglicemia, diabete, ipoglicemia reattiva). La prima è causata dalla carenza completa o parziale dall’enzima della lattasi, che serve a scindere lo zucchero del latte e metabolizzarlo. Per quella al glutine, invece, il meccanismo coinvolge un’attivazione del sistema immunitario simile a quella che si verifica nel caso di una infezione virale o batterica” conclude la dottoressa Milani. 

Fonte: www.grupposandonato.it

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