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Il progetto “PHIRE”: sviluppare una nuova tecnologia contro il tumore alla vescica

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Francesca 16 Ottobre 2023
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Al via “PHIRE”, il progetto europeo coordinato dal San Raffaele che mira a sviluppare una nuova tecnologia per il trattamento precoce e la gestione del tumore alla vescica.

PHIRE, il progetto che mira a sviluppare una nuova tecnologia contro il tumore alla vescica

Il tumore della vescica è il decimo tumore più comune a livello globale, oltre a essere anche uno fra i più costosi da trattare. Per questo, l’identificazione precoce e lo sviluppo di nuove terapie sono necessari per ottenere un miglioramento degli esiti clinici e dalla qualità di vita dei pazienti stessi.

L’IRCCS Ospedale San Raffaele, sotto la guida di Massimo Alfano, group leader del laboratorio di Microambiente Extracellulare, è orgoglioso di annunciare l’avvio del progetto europeo “PHIRE”, il cui obiettivo è sviluppare un nuovo dispositivo medico per il trattamento precoce e la gestione del tumore alla vescica. Il fine ultimo è la sua applicazione in clinica, per migliorare la qualità di vita dei pazienti e ridurre i costi sociali della gestione di questa patologia.

Il progetto, della durata di 3 anni (01-09-2023 / 31-08-2026), è finanziato con il nuovo programma di finanziamento EIC Transition di Horizon Europe, il cui obiettivo è quello di offrire sostegno a ricerche che mirano a portare tecnologie innovative dal laboratorio ad ambienti applicativi rilevanti.

Le difficoltà nel trattamento del tumore alla vescica

Con oltre mezzo milione di nuovi casi ogni anno, il tumore della vescica è il decimo tumore più comune a livello globale, ma è anche il tumore più costoso da trattare, con una spesa di 9 miliardi di dollari ogni anno. 

“Il motivo di una spesa così elevata è dovuto al fatto che le attuali tecniche di diagnostica per immagini non consentono di individuare, e quindi rimuovere chirurgicamente, i tumori della vescica di dimensioni inferiori a 1 millimetro, in particolare quando sono piatti. In secondo luogo, la metà dei tumori della vescica è resistente alla terapia – afferma Alfano -.

A causa di queste limitazioni diagnostiche e terapeutiche, circa 200.000 pazienti ogni anno, e per molti anni dopo la diagnosi, sviluppano una recidiva del tumore e sono sottoposti a continui follow-up, trattamenti settimanali e a molteplici interventi. Un ulteriore motivo alla base dell’onere economico nei confronti di questa patologia”.

Il progetto PHIRE

Il progetto PHIRE (GA 101113193), grazie alla competenza multidisciplinare del consorzio europeo, mira a portare sul mercato un nuovo dispositivo medico ad alta risoluzione capace di identificare, con finalità diagnostico-terapeutiche, lesioni tumorali di dimensioni inferiori a 1 mm in pazienti di entrambi i sessi

L’evoluzione della tecnologia innovativa inizia nei laboratori del San Raffaele grazie alla collaborazione di partner europei e nell’ambito del progetto europeo “EDIT” (GA 801126) finanziato dal programma Horizon 2020, anch’esso coordinato da Massimo Alfano, che ha visto la conclusione delle attività di ricerca a settembre dello scorso anno (01-10-2018 / 30-09-2022). 

“Oggi siamo pronti per testarla ulteriormente in modelli sperimentali con caratteristiche simili a quelle che possiamo ritrovare in clinica. Questo approccio ci consentirà di individuare i tumori in fase molto precoce, anche quando sono molto piccoli e non rilevabili con le tecniche convenzionali”, spiega il coordinatore del progetto.

La tecnologia 

La proposta dirompente dei medici e dei ricercatori del San Raffaele con il supporto di partner specializzati si basa sull’infusione in vescica, attraverso l’uretra, di nanobarre d’oro ingegnerizzate in laboratorio per riconoscere esclusivamente le cellule tumorali. Poiché l’oro è un tipo di materiale biocompatibile, la procedura risulta sicura e ben tollerata. Grazie all’imaging fotoacustico (una tecnica innovativa che trasforma energia luminosa in ultrasuoni e permette una risoluzione spaziale estremamente elevata), i medici sono successivamente in grado di identificare le cellule malate, facilitando così la diagnosi precoce e il trattamento mirato del tumore.

“L’obiettivo del consorzio è quello di avvicinarsi sempre di più all’applicazione di questa strategia in clinica. In particolare, il progetto si propone di produrre le nanobarre d’oro in scala industriale, secondo le norme GMP, e di adattare la tecnica di imaging fotoacustico, attualmente sperimentata preclinicamente, agli esseri umani”, conclude Alfano.

Il consorzio

Il consorzio PHIRE, coordinato dall’IRCCS Ospedale San Raffaele, vede il coinvolgimento di esperti europei in diversi settori appartenenti al mondo della ricerca, universitario ed aziendale, ed è così formato: 

  • Università di Bologna (UNIBO_IT); 
  • Fujifilm Visualsonics (FFSS_Netherlands);
  • Meta Group (META_BE);
  • Ascend Technologies LTD (AT_UK).

Fonte: www.hsr.it

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