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Acufeni: cosa provoca il ronzio nelle orecchie

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Redazione 17 Febbraio 2022
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Gli acufeni sono rumori simili a fischi acuti o ronzii che sente solamente chi soffre di questo disturbo, non sono suoni prodotti dall’ambiente circostante, ma possono essere percepiti anche molto intensamente nelle orecchie: con lo specialista vediamo quali sono i trattamenti possibili.
Il disturbo è molto diffuso e riguarda circa una persona su quattro e nel 40% dei casi tendono a sparire col tempo. Solo in pochissimi casi (1 su 10) possono avere conseguenze che impattano sulla qualità della vita, come i disturbi del sonno e i deficit di attenzione. 

Il dott. Gianfranco Niedda, responsabile dell’U.O. di Otorinolaringoiatria del G.B. Mangioni Hospital di Lecco, traccia un quadro sulle tipologie di acufene, le cause più frequenti e i trattamenti possibili.

Quanti tipi di acufene esistono?

Gli acufeni possono essere classificati in due categorie: oggettivi e soggettivi. 
Gli acufeni oggettivi sono prodotti da alcuni organi del corpo del paziente. Generalmente dipendono dalle articolazioni temporo-mandibolari, da alcune componenti dell’orecchio interno, dalla muscolatura masticatoria o dall’afflusso di sangue. Quando questi suoni sono particolarmente forti, possono perfino essere percepiti da chi si trova vicino al paziente.
Quelli soggettivi, invece, non hanno nessuno stimolo sonoro, né ambientale né interno al paziente. Rappresentano però la quasi totalità dei casi e si manifestano per un’ampia varietà di cause.

Quali sono queste cause?

Nella stragrande maggioranza dei casi gli acufeni si presentano quando c’è un problema dell’udito. Infatti sono più frequenti in pazienti anziani. Quando l’udito viene meno, il cervello cerca di compensare e può così alzare la soglia dell’attenzione, fino al punto di percepire rumori inesistenti. 
Un’altra causa possibile è l’esposizione continuativa a rumori molto forti. Ad esempio, chi lavora in cantieri, locali da ballo, scuole ha più probabilità di sviluppare il disturbo.
C’è poi l’acufene dovuto a traumi del tratto cervicale, delle articolazioni e della muscolatura della testa e del collo che potrebbero interferire con la modulazione degli stimoli uditivi.
Altra eventualità da considerare è la scarsa irrorazione del sangue verso l’orecchio interno, che può essere legata a disturbi della circolazione. L’aterosclerosi, l’ipertensione, alcune forme oncologiche benigne dei vasi sanguigni possono interrompere l’afflusso di sangue, provocando gli acufeni.
Infine, anche la sfera emotiva sembra essere legata alla comparsa di acufeni, che possono manifestarsi in chi soffre di ansia o di depressione.

Cosa fare se si “sentono” gli acufeni?

Bisogna rivolgersi ad un otorino per una visita specialistica che consiste in una prima fase di anamnesi, in cui si raccolgono informazioni sul paziente e sul disturbo, a cui segue un esame obiettivo con l’osservazione dell’orecchio.
In alcuni casi esami ulteriori potrebbero rivelarsi dirimenti: uno di questi è l’esame audiometrico.
Consiste nel far entrare il paziente in una camera insonorizzata e fargli ascoltare una serie di suoni su varie frequenze. Lo scopo è individuare quali rumori vengono percepiti e quali no per stabilire se c’è un deficit uditivo. Attraverso un test ulteriore, che si chiama acufenometria, e dei questionari ad hoc, si può misurare il grado di fastidio percepito dal paziente.

In cosa consiste il trattamento dell’acufene da deficit auditivo?

Se dopo la visita otorinolaringoiatrica si stabilisce che la causa è effettivamente un calo dell’udito, allora bisogna comprendere che cosa lo provoca a sua volta e intervenire alla radice. 
Se il deficit è semplicemente legato all’età o al deterioramento delle strutture anatomiche, di solito utilizzando un apparecchio acustico si risolve anche l’acufene. 
Se il nervo acustico è danneggiato gravemente si utilizza un dispositivo detto “impianto cocleare”. Questo non amplifica il suono come fa l’apparecchio acustico, ma svolge lo stesso lavoro della coclea, traducendo lo stimolo sonoro in impulsi nervosi per il cervello.
Se l’udito viene meno a causa di patologie come l’otosclerosi o di otite cronica, invece, si ricorre alla chirurgia.
Sull’otosclerosi si interviene inserendo una protesi di dimensioni minime in un microforo che viene praticato nella staffa dell’orecchio, liberandone il movimento.
L’otite cronica invece si tratta chirurgicamente ricostruendo la membrana del timpano e le piccole ossa auricolari. 

Fonte: www.gvmnet.it

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