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Approfondimenti Medicina

Prevenzione del tumore alla prostata: l’età per iniziare, il percorso da seguire

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Redazione 5 Gennaio 2023
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Il tumore alla prostata rimane uno dei tumori più frequenti tra gli uomini, ma la prevenzione e la diagnosi precoce hanno contribuito a riscrivere la storia dei pazienti che ne sono affetti: oggi, a 5 anni dalla diagnosi, la percentuale di sopravvivenza arriva al 92%. Un successo che sottolinea l’efficacia della diagnosi precoce e quando sia importante accedere ai percorsi di prevenzione.

Ne abbiamo parlato con il Dott. Carlo Saltutti, responsabile dell’Unità Operativa di Urologia di San Pier Damiano Hospital di Faenza.

Tumore alla prostata: a quale età iniziare il percorso di prevenzione?

La prevenzione di base del tumore prostatico si basa sulla valutazione, mediante semplici esami del sangue, del PSA o Antigene Prostatico Specifico: «Si tratta di un marker che è stato introdotto più di quarant’anni fa, ma che è ancora molto valido per valutare lo stato di salute della prostata». In particolare, oltre al valore di PSA totale, oggi viene monitorato anche il rapporto tra il PSA libero e PSA totale.

Il consiglio è quello di eseguire il controllo del PSA:

  • una volta all’anno dopo i 45 anni,
  • una volta ogni sei mesi dopo i 50 anni.

In caso di familiarità, si consiglia di iniziare lo screening anche prima dei 45 anni: il rischio di sviluppare una neoplasia è infatti maggiore in chi ha avuto un parente di primo grado, per esempio il padre, affetto da tumore alla prostata. 

Per quanto riguarda i ragazzi al di sotto dei 40 anni, il rischio principale è dato dalle prostatiti, infiammazioni alla prostata di natura benigna ma che non devono essere trascurate. Queste infiammazioni, peraltro molto frequenti, sono favorite da alcuni fattori:

  • microtraumi legati all’uso del motorino, della bicicletta, ecc.
  • una vita sessuale non regolare che può causare una congestione della prostata (che è l’organo responsabile, insieme alle vescicole seminali, della produzione del liquido seminale);
  • stress: la prostata è un organo riccamente innervato e risente molto delle variazioni dello stato d’animo, le quali possono concorrere all’insorgenza di una prostatite.

Prevenzione del tumore alla prostata: oltre al PSA, quali altri esami sono utili?

Dopo i 50 anni, è importante rivolgersi a un urologo per una valutazione urologica completa, che si basa su tre parametri:

  • i livelli di PSA;
  • la visita urologica con esplorazione endorettale: permette di anomalie nella prostata in termini di volume, regolarità dei margini, consistenza o presenza di noduli sospetti;
  • un’ecografia sovrapubica o transrettale della prostata.

Se uno o più di questi parametri evidenziano anomalie, l’urologo indirizzerà il paziente verso gli approfondimenti più idonei.

Come si svolge la visita urologica?

La visita urologica ha come primo obiettivo quello di raccogliere l’anamnesi del paziente e definire i motivi che hanno condotto il paziente alla visita specialistica. In particolare, è importante verificare la presenza o meno di disturbi urinari caratterizzati da specifici sintomi:

  • minzioni frequenti durante il giorno;
  • minzioni frequenti anche di notte;
  • bruciore, senso di peso, mancato svuotamento completo della vescica (sintomatologia di tipo irritativo);
  • fatica ad urinare, necessità di urinare in due o tre tempi, modificazioni del getto urinario fino alla necessità di espellere l’urina goccia a goccia (sintomatologia di tipo ostruttivo dovuta a un ingrossamento della prostata che comprime l’uretra).

Il colloquio con il paziente aiuta ad approfondire la natura di questi sintomi e a capire se i disturbi urinari sono da correlare con un aumento del volume prostatico o a una semplice infiammazione.

Come si procede se viene rilevata un’anomalia negli esami?

Se risulta alterato uno dei tre parametri precedenti (PSA, visita endorettale e/o ecografia), l’urologo può consigliare un approfondimento.
Se ad essere alterati sono i valori di PSA, in prima linea è necessario ripetere gli esami a distanza di un paio di mesi per confermare il primo sospetto diagnostico: «Questa verifica è importante perché la prostata può andare incontro a prostatiti che possono causare un aumento dei valori di PSA, senza essere collegati a patologie neoplastiche». Il PSA, infatti, è un marker specifico per il tessuto prostatico, non del tumore alla prostata: i valori di PSA possono aumentare anche in presenza di alterazioni che non sono tumorali, come una prostatite, una calcolosi intraprostatica, un ascesso o una cisti.

Se dopo due mesi il valore di PSA risulta ancora alterato o è aumentato, allora è importante approfondire ulteriormente. Da qualche anno, l’esame migliore e più innovativo per questi approfondimenti diagnostici è la risonanza magnetica multiparametrica della prostata: questo esame viene prescritto dall’urologo e permette di indagare con grande precisione anche le lesioni molto piccole.

Se la risonanza magnetica conferma la presenza di lesioni sospette, è necessario eseguire una biopsia per confermare le caratteristiche del tumore. Oggi è possibile eseguire questo esame in modo mirato e meno invasivo: si tratta della biopsia fusion, una tecnica che consente di prelevare con grande precisione un campione di tessuto solo dalle zone sospette evidenziate dalla risonanza. Rispetto alle biopsie tradizionali, la biopsia fusion richiede un numero minore di prelievi e questo riduce in modo significativo anche il rischio di eventuali complicanze.

Fonte: www.gvmnet.it

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