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ASCO: Humanitas al meeting dell’American Society of Clinical Oncology

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Redazione 11 Agosto 2022
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Lo scorso giugno si è tenuto a Chicago il meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), un evento di cruciale importanza per l’aggiornamento e la Ricerca sul cancro nel mondo: il meeting, dopo i due anni di sospensione dal vivo a causa della pandemia COVID-19, ha registrato un record di presenze e ha visto la partecipazione di quattro specialisti Humanitas. Sono infatti intervenuti la professoressa Lorenza Rimassa, Responsabile della Sezione Tumori Apparato Gastroenterico in Humanitas e docente di Humanitas University, il professor Alberto Zambelli, Responsabile della Sezione di Oncologia Senologica in Humanitas e docente di Humanitas University, il dottor Matteo Simonelli, referente della Sezione sviluppo nuovi farmaci (Studi di Fase I) nei tumori solidi e Neuroncologia, e il dottor Luca Toschi, oncologo della Sezione di Oncologia Medica ed Ematologia di Humanitas.

Nel corso dell’evento sono stati riportati alcuni rilevanti risultati di studi clinici che, nei prossimi anni, porteranno significativi cambiamenti nella pratica clinica per alcuni tipi di tumori nonché una serie di analisi e studi in fasi ancora preliminari che cominciano a fornire risultati promettenti per il futuro. 

Tumore del seno: gli studi che cambieranno la pratica clinica

Il meeting ASCO 2022 (American society of clinical oncology), al quale ha partecipato an che Humanitas, è stato ricco di spunti per quanto riguarda i trattamenti del tumore al seno e, in particolare, sono stati portati alla luce risultati che saranno particolarmente rilevanti in termini di pratica clinica quotidiana. Si tratta dello studio Trastuzumab Deruxtecan in Previously Treated HER2-Low Advanced Breast Cancer, presentato nella seduta plenaria ad ASCO 2022 e contestualmente pubblicato sul prestigioso “New England Journal of Medicine” e, che evidenzia il ruolo di una nuova classe di farmaci nel trattamento del tumore alla mammella in fase avanzata. 

“Si tratta di un risultato particolarmente importante, accolto con una standing ovation dall’audience presente al congresso. Il farmaco ha dimostrato di raddoppiare il tempo mediano di sopravvivenza libera da progressione e di incrementare di oltre 1/3 la sopravvivenza globale delle pazienti. Con queste premesse, Trastuzumab-Deruxtecan cambierà completamente la pratica clinica in questo setting di pazienti che rappresenta oltre il 50% di tutti i casi di tumore mammario metastatico e noi auspichiamo che il farmaco possa essere presto in commercio anche in Italia con questa indicazione” commenta il professor Zambelli. 

“Un altro focus particolarmente rilevante del meeting è quello dedicato allo studio LUMINA: A prospective trial omitting radiotherapy (RT) following breast conserving surgery (BCS) in T1N0 luminal A breast cancer (BC), che ha evidenziato come sia possibile, in casi selezionati di tumore di mammario operato a basso rischio di recidiva, omettere la radioterapia senza esporre a rischi incrementali di ricorrenza loco-regionale di malattia, offrendo un vantaggio in termini di tossicità e di miglior impatto clinico in un’ampia popolazione di pazienti”, conclude il professore. 

Tumori epatobiliari: nuove strade di ricerca

Per quanto riguarda i tumori epatobiliari (tumori del fegato e delle vie biliari), invece, pur non essendoci stati risultati in grado di modificare la pratica clinica attuale, sono stati presentati dati interessanti relativi a analisi di sottogruppi da un importante studio di fase 3 pubblicato di recente, lo studio Topaz-1, e risultati di studi più precoci che aprono a ulteriori fasi di ricerca molto promettenti. L’analisi della qualità di vita dello studio Topaz-1 ha infatti confermato l’efficacia dell’associazione di chemioterapia e immunoterapia con cisplatino, gemcitabina e durvalumab, con grandi benefici non solo in termini di efficacia ma anche di impatto sulla qualità della vita del paziente.

“I farmaci in questione non sono ancora stati approvati dalle attività regolatorie ma sono disponibili per uso terapeutico nominale, dunque possono venire richiesti dallo specialista per il singolo paziente e, previa approvazione del comitato etico, forniti gratuitamente dalla casa farmaceutica: una strada importante che Humanitas sta già percorrendo”, spiega la professoressa Rimassa.

Son stati inoltre presentati studi di fase II con nuovi farmaci in grado di agire contro specifiche alterazioni molecolari di alcune tipologie di cancro delle vie biliari, come traslocazioni di FGFR2 e amplificazione di HER2, i cui risultati sono molto promettenti. Quando parliamo di tumori alle vie biliari, è importante sottolineare che dobbiamo parlare al plurale e tenere presente che hanno caratterizzazioni differenti l’uno dall’altro. Per questo motivo, dunque, è fondamentale identificare farmaci che possano agire su un target specifico.

Tumore del polmone: nuovi studi sulle terapie personalizzate

Nel corso dell’evento si è parlato anche di tumore del polmone, con particolare attenzione alle terapie personalizzate. Gli studi presentati (Shu et al, abs 9006, Goldman et al, abs 9013), infatti, hanno riguardato le terapie a bersaglio molecolare per alcune tipologie di carcinoma polmonare non a piccole cellule. “I dati a nostra disposizione sono particolarmente incoraggianti e le molecole oggetto di studio aiuteranno a superare la resistenza di alcune classi di pazienti alle terapie target convenzionali e implementeranno l’attuale pratica clinica se supereranno le successive fasi di sviluppo”, spiega il dottor Toschi. 

Rinnovato interesse anche riguardo l’immunoterapia, una strategia di cura che ad oggi è ancora difficile personalizzare e che viene utilizzata per la maggior parte dei pazienti affetti da tumore del polmone. In particolare, gli studi presentati nel corso del meeting (Neal et al, abs 9005; Reckamp et, abs 9004) hanno riguardato i pazienti resistenti all’immunoterapia, mostrando una maggiore efficacia dell’utilizzo dell’immunoterapia nelle successive linee di trattamento in associazione a nuove molecole.

“Un ultimo studio (Cheng et al, abs 8505) ha inoltre confermato l’efficacia dell’associazione di immunoterapia e chemioterapia nel carcinoma polmonare a piccole cellule, che rappresenta il 10% circa dei tumori del polmone”, approfondisce il dottor Toschi.

Tumori solidi e tumori primitivi del sistema nervoso centrale

Nel campo dello sviluppo di nuove strategie farmacologiche per il trattamento dei tumori solidi sono stati presentati diversi studi di fase precoce particolarmente rilevanti.

Per quanto concerne l’immunoterapia, una sezione intera è stata dedicata all’utilizzo combinato di anticorpi bloccanti con PD-1/PD-L1 con molecole con funzione immunoregolatoria che modulano l’attività pleiotropica delle citochine oppure che agiscono su diversi checkpoint immunitari. 

“L’obiettivo di questi studi è quello di trovare combinazioni in grado di aumentare l’attività dell’immunoterapia nei tumori dove si è già rivelata efficace o, al contrario, di rendere sensibili all’immunoterapia tumori tipicamente immunoresistenti. I profili di sicurezza di questi approcci combinatori si sono rivelati buoni e i dati preliminari di attività incoraggianti”, ha spiegato il professor Simonelli.

“Per quanto riguarda invece la terapia molecolare, di particolare rilievo sono stati i dati presentati circa agenti in grado di inibire geni oncosoppressori mutati che fino a poco tempo fa non si credeva possibile bersagliare farmacologicamente e le ultime novità nel campo degli anticorpi coniugati o bispecifici”. 

Le principali novità nel campo della ricerca clinica applicata ai tumori primitivi del sistema nervoso centrale, riguardano invece strategie di terapia personalizzata. In particolare sono stati presentati dei dati preliminari di uno studio di fase II randomizzato che valuta l’efficacia di una combinazione di terapie a bersaglio molecolare (Dabrafenib e Trametinib) rispetto alla chemioterapia come trattamento di prima linea in una popolazione pediatrica di pazienti con gliomi di basso grado e mutazione V600E del gene BRAF. Lo studio ha dimostrato un netto vantaggio a favore della terapia biologica personalizzata, dimostrando l’importanza crescente di una caratterizzazione molecolare precoce di questi tumori. 

Infine, sono stati presentati i risultati dello studio Alliance A071102 che valutava l’aggiunta dell’inibitore di PARP Veliparib in associazione alla radioterapia e alla chemioterapia con Temozolomide come trattamento adiuvante di pazienti adulti con glioblastoma di prima diagnosi e metilazione del promotore del gene MGMT. I dati emersi da questo studio sono da considerarsi negativi in quanto con l’aggiunta di veliparib non è stato osservato un guadagno statisticamente significativo in sopravvivenza rispetto al programma di trattamento standard (radioterapia e chemioterapia), nonostante alcuni sottogruppi di pazienti sembrano beneficiarne più di altri.

Fonte: www.humanitas.it

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