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Approfondimenti Medicina

Medicina di genere, cure e prevenzione migliori per le donne

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Redazione 9 Marzo 2023
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La medicina di genere è una scienza nuova, nata negli anni ‘90: sembra strano pensarlo, ma fino ad allora la scienza non si era mai posta il problema di una possibile risposta differenziale ai farmaci di uomo e donna, così come una differenza tra i generi nella suscettibilità alle malattie. 

Le diversità sono legate a numerosi fattori che dipendono sicuramente dall’assetto ormonale, dopo lo sviluppo, ma anche a sorgenti di variabilità di tipo genetico, tra maschi e femmine, che portano a riflettere sul tema della necessità di personalizzazione delle cure già a partire dalla nascita.

Ne parliamo con la Prof.ssa Flavia Valtorta, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele.

La medicina di genere: personalizzazione delle cure e delle terapie per uomini e donne

La medicina di genere non è solo legata al sesso, ma qualcosa di molto più complesso. Non sono infatti unicamente le caratteristiche biologiche, determinate dai diversi cromosomi maschili e femminili e da fattori ormonali e biologici, ma anche gli aspetti socialieconomici, le abitudini di vita e il ruolo nella società che influenzano in modo importante la medicina e lo sviluppo delle patologie tra uomo e donna.

Ci sono, infatti, patologie che tendono a colpire maggiormente un genere piuttosto che un altro.
La depressione, per esempio, da sempre è considerata una patologia più comune nella donna, probabilmente condizionata da fattori ormonali, ma anche da esperienze di vita e maggiori difficoltà sociali e familiari. Viceversa, alcuni tipi di tumore, come quello al polmone, sono da sempre considerati più frequenti nell’uomo, probabilmente a causa delle abitudini che, soprattutto in passato, contraddistinguevano il sesso maschile, esponendolo ad un rischio maggiore, come quello legata al fumo.

Altre patologie non legate al genere, ma all’età specifica quali, ad esempio, le cardiopatie ed in particolare la cardiopatia ischemica sono state ritenute prevalentemente maschili. Si tratta però di un mito: la donna è protetta, ma unicamente prima della menopausa, poiché esiste un collegamento con il suo tono ormonale. Tuttavia, questo non è ancora riconosciuto ed ancora gli stessi medici considerano l’infarto come una patologia a cui sono più esposti gli uomini, ponendo meno attenzione alla prevenzione nel sesso femminile, ma soprattutto prescrivendo più farmaci che prevengono questi eventi a uomini piuttosto che a donne. 

Le differenze nella suscettibilità alle malattie possono quindi dipendere da una moltitudine di fattori (età, sesso, ambiente, dieta, esperienze di vita) e si potrebbe dire che le malattie di per sé sono entità astratte in quanto ogni malato è diverso dagli altri.

Gli effetti collaterali preferiscono le donne?

Si dice che gli effetti collaterali preferiscano le donne ed è in parte vero, spesso perché il dosaggio del farmaco non è adeguato alla fisiologia femminile e la sua efficacia non è stata valutata specificamente in questa popolazione. Nella popolazione femminile anche le variabili in gioco sono maggiori. 

Le donne sono più a rischio anche per alcune loro abitudini di vita, perché si curano di più e assumono più farmaci, più integratori e quindi sono maggiormente esposte ad interazioni con i farmaci e tossicità per interferenze.

Cure e sperimentazioni cliniche su misura

Un altro problema che ha una dimensione molto ampia è quello dell’efficacia dei farmaci, poiché fino ad anni recentissimi tutte le sperimentazioni, tranne quelle specifiche per molecole utilizzate per produrre medicinali solo femminili come, per esempio, i contraccettivi, venivano testati unicamente sulla popolazione maschile.
Anche la sperimentazione sull’animale ha sempre seguito questo andamento, un po’ per retaggi culturali, un po’ perché la popolazione maschile è certamente più omogenea. Studiare un farmaco su una donna, infatti, significa dover considerare moltissimi fattori che possono distinguerla dalle altre come, ad esempio, fase del ciclo in cui si trova, età fertile o menopausa, farmaci assunti e altri fattori che possono rivelarsi confondenti ed aumentare i costi della sperimentazione stessa.

Tutto questo ha posto la medicina di fronte ad alcune questioni, come quella della corretta posologia dei farmaci: i dosaggi medi, infatti, vengono stabiliti sulla base degli effetti valutati su un uomo del peso di 70 kg. Le donne, invece, in media, pesano molto meno ed hanno una struttura fisica molto diversa, con una differente composizione dal punto di vista della massa, elementi che, se non considerati dal punto di vista clinico, conducono ad una grossolana semplificazione.
Se un farmaco viene prescritto ad un dosaggio adeguato al peso dell’uomo medio, nella donna rimarrà in circolo più a lungo a concentrazioni elevate, con il rischio di sovradosaggio ed effetti collaterali maggiori.

I farmaci vengono metabolizzati nell’organismo in modo diverso tra i generi: l’alcol, ad esempio (che è un farmaco, anche se non viene usato a scopo terapeutico), ha un diverso tempo di eliminazione, anche se rapportato al peso, tra uomo e donna. 

Un altro tema è legato all’efficacia dei medicinali: i differenti meccanismi di malattia possono rendere una terapia diversamente efficace tra uomo e donna. L’aspirina, ad esempio, che a basso dosaggio viene utilizzata per la prevenzione della cardiopatia ischemica, ha un’efficacia riconosciuta in quella che è chiamata prevenzione secondaria, ma sembra agire diversamente per quanto riguarda la prevenzione degli eventi primari nei diversi generi. 

I passi avanti e gli scenari futuri: il decreto-legge Lorenzin

In Italia il grosso cambiamento è intervenuto con il decreto-legge Lorenzin, nel 2018, che stabilisce la nascita della medicina di genere in Italia. Da allora, per dare ai pazienti maggiore sicurezza nell’utilizzo, tutti i farmaci nuovi devono essere sperimentati anche nella donna se è previsto che anche loro li useranno, ma anche, allargando ulteriormente il campo, in tutti i sottogruppi dei soggetti di diversa etnia, genere, età, destinatari del farmaco.
Se questo importante cambiamento è già attivo per quanto riguarda i farmaci nuovi, non vale altrettanto per quelli già in uso, dal momento che i bugiardini che riportano differenze tra uomo e donna sono ancora veramente pochi.

La speranza è che questo avvenga presto per avere come primo effetto quello di ridurre la frequenza degli effetti collaterali: è fondamentale non immaginarli unicamente come reazioni fastidiose, ma considerarli in tutta la loro pericolosità che, ad esempio, negli Stati Uniti rappresenta la quarta causa di morte.

Alcuni consigli pratici

Quando possibile, per attenersi meglio alle indicazioni del medico sul dosaggio sono da preferire i medicinali in gocce rispetto a quelli in compresse, capsule o supposte, perché più modulabili.

Riguardo al dosaggio bisogna attenersi alle indicazioni del medico, che andrebbe informato sull’uso non solo di altri farmaci, ma anche di integratori. Si tratta certamente di prodotti a cui fanno ricorso soprattutto le donne, ma anche gli uomini: chi li utilizza dovrebbe sapere che possono interferire con l’azione dei farmaci tradizionali, dando luogo a effetti collaterali.
Ad  esempio, un integratore potrebbe contenere una sostanza che deve essere metabolizzata dal fegato. Se questo organo è impegnato nel metabolizzare un integratore, un medicinale classico rimane più a lungo nell’organismo, esponendolo a potenziali effetti indesiderati.

Fonte: www.hsr.it

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