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Protesi d’anca: tempi di recupero sempre più rapidi

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Redazione 30 Settembre 2021
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L’impianto di protesi d’anca è un’operazione chirurgica piuttosto diffusa: il professor Rinaldo Giancola, responsabile dell’Ortopedia di GB Mangioni Hospital di Lecco, ci aiuta a tracciare un quadro del tipo di pazienti per i quali si ricorre a questo trattamento, descrivendo i tempi di recupero e gli effetti sulla qualità della vita in pazienti più e meno giovani.

Sempre più pazienti, negli anni, sono ricorsi alla protesica per intervenire in maniera definitiva sulle patologie articolari più invalidanti come l’artrosi degenerativa. La crescita del trend dipende anche dal miglioramento di tecniche e materiali, che ha fatto sì che anche soggetti di età avanzata possano ricorrere alla protesi riducendo il più possibile i rischi.

Quando si ricorre più frequentemente alla protesi d’anca?

In linea di massima la chirurgia è indicata quando la terapia fisica e farmacologica è inefficace. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità relativi al 2019, ricorrono alla protesi d’anca in prevalenza le pazienti di sesso femminile.

C’è anche una differenza di età legata al genere, dal momento che l’età media delle pazienti donne protesizzate all’anca è di 74 anni, mentre per gli uomini scende a 68. La patologia che più spesso porta i pazienti anziani alla chirurgia è l’artrosi degenerativa.

Nei pazienti più giovani, invece, quali possono essere i motivi di un intervento di protesizzazione dell’anca?

La causa più frequente è il traumatismo: ad esempio dopo un incidente può esserci un’alterazione della testa del femore o del bacino, da risolvere con la protesizzazione.
Altra causa comune è l’osteonecrosi, ovvero la morte del tessuto osseo. Anch’essa può essere dovuta a traumi, ma anche a esiti post-operatori, a terapie a base di cortisone o a abuso di alcool.
Fino a qualche anno fa, la displasia congenita dell’anca era invece la causa patologica che più frequentemente portava i giovani alla chirurgia, ma oggi viene generalmente trattata nel neonato con terapie fisiche che quasi sempre sono risolutive.

Come si svolge l’intervento di protesi d’anca?

L’intervento di protesi d’anca consiste nella rimozione dell’articolazione non più funzionante, che viene sostituita con una protesi in metallo, ad esempio in titanio.
Le tecniche più usate attualmente sono quelle con accesso laterale o postero-laterale che garantiscono un ottimo risultato in termini funzionali e un recupero in tempi brevi.
In alcuni casi selezionati è possibile utilizzare la tecnica mininvasiva ad accesso anteriore, che permette di risparmiare tessuti, tendini, legamenti ecc. Questi infatti vengono solo spostati e non rimossi dalle loro sedi.

Dopo l’intervento quali sono i tempi di recupero?

I tempi di recupero sono piuttosto brevi. In linea di massima i pazienti dopo un giorno già sono in grado di tornare in stazione eretta e dopo due giorni può iniziare la riabilitazione muscolare. Con un’adeguata fisioterapia, i pazienti hanno una ripresa funzionale in 30-35 giorni. 

La qualità della vita resta alta dopo un intervento di protesi, anche per pazienti giovani che potranno tornare a svolgere le normali attività.
L’intervento di protesi d’anca presenta rischi piuttosto modesti. Per ridurre il rischio di rigetto nei pazienti allergici ai metalli di cui sono fatti gli impianti, esistono protesi ad hoc: per questo, prima dell’intervento, il paziente deve comunicare al medico eventuali allergie.

Dopo quanti anni deve essere di norma sostituita la protesi?

Le nuove protesi sono fatte di materiali resistenti e a livello tribologico, ovvero della struttura, possono resistere per anni. Le tecnologie impiegate, come ad esempio i rivestimenti in ceramica ipoallergenici che impediscono la proliferazione di batteri, l’uso di materiali innovativi, fanno sì che oggi si stiano raggiungendo risultati prima impossibili in termini di stabilità della protesiosteointegrazione, resistenza meccanica e durata nel tempo.
Così, nella maggior parte dei casi, i pazienti non devono subire ulteriori interventi per sostituire la protesi con una nuova.

Fonte: www.gvmnet.it

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