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Stenosi cervicale: cause, sintomi e terapie

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Redazione 28 Marzo 2022
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Con il termine stenosi cervicale si indica un restringimento del canale vertebrale del tratto cervicale, una struttura che contiene il midollo spinale e l’origine delle radici spinali cervicali, che determina compressione sul midollo spinale: parliamo di cause, sintomi e terapie con lo specialista dell’Istituto Clinico Città di Brescia. 

Come spiega il Dott. Matteo Bonetti, Responsabile del Servizio di Neuroradiologia dell’Istituto Clinico Città di Brescia, “la stenosi del canale cervicale degenerativa di origine artrosica è molto frequente tra gli anziani, perché correlata al fisiologico invecchiamento dell’individuo. Si evolve lentamente e può essere aggravata da concause che peggiorano il quadro degenerativo dando origine alla formazione di osteofiti, piccoli speroni ossei che si formano lungo i margini articolari. 

Stenosi cervicale: i sintomi

“I sintomi – prosegue il neuroradiologo interventista spinale – sono variabili in base alla gravità della sofferenza del midollo e dei nervi cervicali. Generalmente il paziente avverte un dolore a collo e spalle che può irradiarsi fino al braccio e alla mano originando cervicalgia e cervicobrachialgia, debolezza degli arti superiori e, non ultimi, deficit neurologici della sensibilità e della forza agli arti superiori dal momento che una compressione del midollo, non consente un’ottimale trasmissione dello stimolo nervoso lungo il braccio, favorendo la comparsa di formicolii e perdita di sensibilità”.

Le cause

Le condizioni che possono favorire la comparsa di una stenosi cervicale sono: 

  • Morbo di Paget;
  •  ernia discale;
  •  malformazioni e deviazioni della colonna;
  •  spondilosi o gravi traumi alla colonna vertebrale

I fattori di rischio, invece, che tendono ad aggravarla sono il diabete, l’obesità e il vizio del fumo.

La diagnosi

“La diagnosi della stenosi cervicale – puntualizza lo specialista – contempla 3 step: 

  • la radiografia tradizionale del collo;
  • la Tac, importantissima per diagnosticare una stenosi canalare di natura degenerativa dal momento che definisce meglio le lesioni di natura ossea;
  • la risonanza del rachide cervicale, utilissima per valutare la situazione dei dischi intervertebrali e il midollo cervicale”.

Come si cura

La terapia varia a seconda della gravità e della causa d’insorgenza. Infatti l’approccio può essere:

  • conservativo per le stenosi più lievi che prevede da un lato la somministrazione di farmaci antinfiammatori e dall’altro la prescrizione a trattamenti osteopatici e/o fisioterapici;
  • chirurgico, indicato invece nei casi più gravi, volto a decomprimere le strutture nervose e a preservare la stabilità vertebrale. 

“Un trattamento chirurgico assoluto per la stenosi canalare non esiste perché abbiamo a che fare con la degenerazione dell’osso e bisogna valutarne lo stadio; attraverso il ricorso all’intervento – prosegue il Dott. Bonetti – possiamo certamente rallentare la progressione della malattia e migliorare conseguentemente la qualità di vita del paziente”. 

La laminectomia decompressiva

“Tra le tecniche chirurgiche più impiegate c’è la laminectomia decompressiva – continua l’esperto –  certamente efficace per creare spazio e fare in modo che il midollo possa ‘respirare’. Una soluzione chirurgica che si rende non solo necessaria ma anche indispensabile per i tanti casi in cui, purtroppo, alla stenosi canalare si somma anche un trauma cervicale: situazioni cliniche che possono degenerare sino ad una mielopatia ossia ad una lesione del midollo”. 

La foraminotomia 

“Per la stenosi del forame di coniugazione, invece, la foraminotomia permette di conseguire buoni risultati dal momento che allevia la pressione sui nervi che vengono compressi nel forame intervertebrale”, aggiunge il medico.

La stenosi va affrontata con un approccio multidisciplinare

La stenosi cervicale colpisce soprattutto dai 50 anni in sù, mentre nei giovani è una patologia rara. Chi ne soffre, però, è andato incontro nel corso della propria vita ad eventi traumatici, magari ripetuti, come, per esempio, il colpo di frusta. 

“In questi casi, grazie ad un approccio multidisciplinare che comprende l’intervento di fisiatra, fisioterapista, osteopata, neuroradiologo, sono molto utili programmi di riabilitazione mirati ai quali associare terapie come la tecarterapia, la laserterapia o la pompa diamagnetica CTU, trattamenti che non solo danno sollievo, ma prevengono anche un peggioramento della situazione”, conclude lo specialista.

Fonte: www.grupposandonato.it

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