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I sintomi, la diagnosi e le cure del tumore alla vescica

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Redazione 22 Agosto 2022
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Il tumore alla vescica rappresenta il 3% dei tumori urologici, eppure è la neoplasia urologica più diagnosticata dopo il tumore della prostata, spiega il Dottor Danilo Zani, Responsabile dell’Urologia dell’Istituto Clinico Città di Brescia, con il quale approfondiamo l’argomento. 

Tumore alla vescica, chi è a rischio

La neoplasia della vescica è una patologia trasversale che colpisce sia uomini, sia donne con un’incidenza significativa nei pazienti con un’età compresa dai 60 ai 70 anni

Stando alla curva epidemiologica, i casi che si registrano ogni anno negli uomini sono più o meno gli stessi, segno che probabilmente si è arrivati ad un plateau (stabilizzazione) di questa curva, mentre sono in crescita, sia pur lentamente, le prime diagnosi di neoplasia vescicale nelle donne.

I numeri del Tumore alla vescica in Italia

In Italia, nel 2020 (l’ultimo anno di riferimento prima della pandemia), si sono registrati oltre 25.000 casi di neoplasia vescicale di cui 20.000 negli uomini e 5.000 nelle donne. Sempre secondo i dati del Registro Tumori, questo tipo di tumore nell’85% è superficiale, mentre nel 15% dei casi è infiltrante, ovvero più pericoloso. 

La sopravvivenza è stimata in 5 anni e l’eventualità di una recidiva una volta guariti è molto alta: ricompare nel 60-70% dei casi, non sempre in forma più grave rispetto al tumore originario. 

Ad oggi le persone raggiunte da una diagnosi di tumore vescicale sono state 330.000 persone, una popolazione non indifferente.

I sintomi del tumore alla vescica  

Sicuramente il sintomo più importante a cui prestare attenzione è la presenza di sangue nelle urineovvero l’ematuria, che colpisce uomini e donne. La si riscontra, infatti, nell’80-90% di coloro a cui è stato diagnosticato un tumore vescicale. 

L’ematuria può essere di tipo: 

  • macroscopico, ovvero visibile a occhio nudo;
  • microscopico, rilevabile solo tramite specifici esami delle urine. 

Altri sintomi importanti, sia pur meno frequenti, sono i disturbi urinari di tipo irritativo, come: 

  • sensazione di urinare spesso
  • presenza di uno stimolo molto urgente
  • percezione di dover urinare tanto per poi, invece, espellere poche gocce. 

Alcuni tumori aggressivi che occludono lo sbocco dell’urina da uno dei 2 reni, infine, possono causare un dolore sordo al fianco, in particolare su un lato della schiena. Ma sono segnali alquanto sporadici e non consueti.

I fattori di rischio

Vi sono fattori di rischio legati allo stile di vita e fattori di rischio di tipo: 

  • lavorativo: se, per esempio, si lavora quotidianamente a contatto con sostanze pericolose e non si è adeguatamente protetti; 
  • ambientale: come nel caso della schistosomiasi, un’infezione causata da un verme parassita che vive nelle acque dolci delle regioni subtropicali e tropicali; 
  • genetico: si può avere una predisposizione a questo genere di neoplasia, ma non una mutazione genetica. 

Uno dei fattori più predisponenti, però, è certamente il fumo di sigaretta che incide moltissimo: si stima nel 50% dei casi

“Le sostanze nocive di una sigaretta, dopo essere state filtrate dai reni – precisa lo specialista -, finiscono nell’urina che, restando a contatto con la parete interna della vescica, possono originare delle mutazioni cellulari con la conseguente formazione di una neoplasia. Il rischio è proporzionale alla quantità di sigarette fumate e agli anni contraddistinti da questa brutta abitudine. 

È bene precisare come anche il fumo passivo, purtroppo, esponga al rischio di insorgenza della neoplasia vescicale. In merito alle sigarette elettroniche, invece, non vi sono ancora dati attendibili perché vi sono molteplici ricerche in fase di validazione scientifica”.

La diagnosi

Per diagnosticare una neoplasia vescicale vi sono indagini di primo livello, come l’ecografia, semplice e poco invasiva, ma con un’ottima specificità, e la citologia urinaria, che consiste nella raccolta di 3 campioni di urine in 3 giorni differenti. 

Qualora vi fosse un sospetto diagnostico è bene passare ad indagini di secondo livello, come la TAC, quando per esempio si sospetta un coinvolgimento dell’uretere o del rene, o la cistoscopia, anche solo ambulatoriale, che consente una diagnosi diretta. Un esame, quest’ultimo, decisamente più tollerato rispetto ad un tempo grazie all’introduzione di cistoscopi flessibili a fibra ottica che risultano molto meno invasivi. 

test molecolari, infine, sono poco utilizzati per diverse ragioni. 

In ogni caso, come del resto per tutte le patologie neoplastiche, la diagnosi deve essere tempestiva e precoce

Il carcinoma uroteliale 

La forma più frequente di neoplasia vescicale è detta uroteliale che origina dalla parte più interna della vescica, dalla pelle che riveste la vescica. La stessa pelle riveste, però, anche l’uretere e una piccola parte del rene per cui un mal di schiena protratto nel tempo non andrebbe sottovalutato. 

I tipi di tumore vescicale  

In ambito vescicale la neoplasia viene quasi sempre considerata maligna. Viene divisa in: 

  • forma ad alto grado, tendenzialmente aggressiva; 
  • forma a basso grado, meno aggressiva. 

Forme più rare di tumore alla vescica sono, invece, associate ad altri fattori come la schistosomiasi (a cui si faceva riferimento in precedenza) che determina un carcinoma a cellule squamose fortunatamente raro alle nostre latitudini. 

Un’altra classificazione importante dei tumori della vescica, determinabile solo in seguito alla loro asportazione per via endoscopica, è quella che li distingue in superficiali, solo al primo strato, o infiltranti, quando il tumore ha messo le radici). 

La stagnazione di questa malattia è fondamentale perché le terapie, in un caso o nell’altro, cambiano radicalmente. 

Terapie e cure all’Istituto Clinico di Brescia

I trattamenti per la cura del tumore vescicale sono più o meno quelli degli anni passati anche se si stanno sperimentando nuovi farmaci e nuovi protocolli terapeutici

Presso l’Istituto Clinico Città di Brescia affrontiamo questa patologia, come del resto tutte le neoplasie, con un approccio multidisciplinare: fianco a fianco all’urologo lavora l’oncologo così come il radioterapista

In seguito alla diagnosi di primo livello, si procede con la resezione endoscopica della vescica. Si tratta di una pratica chirurgica eseguita in seguito all’anestesia grazie alla quale si identifica con uno strumento dotato di telecamera la sede del tumore e il numero delle lesioni vescicali, le quali vengono asportate (resezione, appunto) tramite l’uso della corrente elettrica. 

Successivamente, in base al riscontro dell’indagine istologica, necessaria per capire se si tratta di una neoplasia superficiale o infiltrante, si procede con la terapia

Nel caso di un tumore superficiale, quindi con minori possibilità di recidive, si propende per una chemioterapia endovescicale o per l’immunoterapia. In merito a quest’ultima terapia, il Dr. Zani spiega: “Si tratta dell’ultima frontiera della lotta al cancro, che consiste nell’assunzione di un farmaco, contenente un batterio, più precisamente quello della tubercolosi, che viene instillato nella vescica per stimolare la risposta immunitaria del paziente. Ad oggi, si tratta dell’unica terapia dimostrata capace di prevenire la progressione della neoplasia vescicale”. 

Se, invece, si tratta di una neoplasia infiltrante, quindi ad alto rischio, si procede inevitabilmente con l’asportazione totale della vescica: un intervento demolitivo che consiste nell’asportare gli organi pelvici anteriori (la vescica, la prostata e le vescicole seminali nell’uomo, la vescica, l’utero, le ovaie e la parete anteriore della vagina nella donna). 

Lo step successivo prevede l’asportazione dei linfonodi adiacenti alla vescica che, nella maggior parte dei casi, sono la prima sede di metastasi. Una volta asportata la vescica, entrano in gioco diverse tecniche chirurgiche, note anche con il temine di derivazioni urinarie, interne o esterne, per fare in modo di portare all’esterno l’urina ricostruendo di fatto la funzione di serbatoio che la vescica originariamente aveva.

Screening e prevenzione

Adottare stili di vita adeguati certamente aiuta, così come programmare, dai 40 anni in poi, controlli periodici di screening e prevenzione”, puntualizza il Dott. Zani. 

In presenza di sintomi, quali dolore o minzione frequente, è opportuno eseguire un’ecografia ed un esame citologico urinario, quello normalmente preposto alla ricerca di cellule anomale. Se danno esito negativo o presentano valori nella norma, è probabile che i sintomi siano riconducibili ad un’infezione, escludendo patologie più serie.

Fonte: www.grupposandonato.it

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