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Antibiotici: conosciamoli meglio

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Redazione 19 Agosto 2018
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Tranne pochi fortunati, non sono molti a potersi vantare di non averne mai preso uno. Ma gli antibiotici non sono farmaci “per tutte le occasioni”, tutt’altro. La loro attività è essenziale per guarire da determinate malattie: un uso scorretto, però, lungi dal dare benefici, può invece complicare di molto il quadro clinico.

La storia dell’antibiotico come lo conosciamo oggi nasce nel 1928 con la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming. Lo scozzese si rese conto che i batteri non crescevano su una piastra di coltura contaminata da una muffa: non si trattatava di una novità in senso assoluto, perché già nei tempi antichi le culture greca, egiziana e cinese avevano osservato effetti simili. Gli strumenti della modernità, però, permisero di isolare il principio attivo e, nel 1943, di iniziare in Usa una produzione di massa che avrebbe cambiato le sorti di molti feriti della Seconda Guerra Mondiale e rivoluzionato la medicina.

Le molecole scoperte e immesse sul mercato da allora sono oltre un centinaio: alcune sono state abbandonate, altre sono ancora ampiamente utilizzate. Il problema con gli antibiotici nasce dall’abuso. Completamente inefficaci contro i virus (se si esclude una possibile attività antivirale della rifampicina), sono spesso impiegati per la cura di stati influenzali o di banali raffreddori, senza alcuna necessità terapeutica e ovviamente senza parere medico. C’è anche chi decide in autonomia per una “terapia preventiva” di fronte a periodi particolarmente stressanti in cui non vuole correre il rischio di ammalarsi: una follia sotto ogni punto di vista.

Quello che accade dopo va sotto il nome di “resistenza batterica: col tempo, la stessa molecola che tante volte ha curato perde completamente la propria efficacia, fino a diventare inutile. I microorganismi sono infatti in grado di sviluppare una resistenza nei confronti di una molecola assunta con frequenza. In molti casi, esistono dei sostituti: ma la resistenza batterica sta diventando un problema di salute pubblica, come più volte sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Conseguenza? Nelle ipotesi peggiori, si potrà morire per malattie oggi considerate perfettamente curabili.

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