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Monzino: nuovo studio per la diagnosi dell’amiloidosi cardiaca

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Redazione 5 Luglio 2019
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Ad oggi, per ottenere una diagnosi definitiva di amiloidosi cardiaca, è necessaria ed indispensabile una risonanza magnetica con mezzo di contrasto: un nuovo studio del Monzino ha però dimostrato che è possibile giungere alla diagnosi anche tramite il mapping del T1 nativo.

L’amiloidosi cardiaca è una causa progressiva, potenzialmente fatale e spesso sottodiagnosticata di scompenso cardiaco. Questa malattia è caratterizzata dalla deposizione extracellulare di fibrille di una particolare proteina chiamata amiloide, con alterazione dell’architettura e della funzione dei tessuti coinvolti. I tipi di amiloidosi sistemica più frequentemente associati a un interessamento cardiaco clinicamente rilevante sono l’amiloidosi sistemica a catene leggere e l’amiloidosi da transtiretina.

Per la diagnosi non invasiva degli effetti del deposito di amiloide nel cuore la risonanza magnetica cardiovascolare è estremamente utile, ma sino a ora, per ottenere la diagnosi, era richiesta la somministrazione del mezzo di contrasto. Purtroppo, l’analisi con il late gadolinum enhancement (LGE) non può essere condotta in tutti i pazienti con sospetta amiloidosi, perché molti soffrono anche di una grave insufficienza renale, condizione che impone di evitare i mezzi di contrasto basati sul gadolinio.

Come utilizzare il potenziale diagnostico della risonanza cardiaca senza incorrere in questo limite?

Il mapping T1 nativo potrebbe rappresentare la soluzione, per consentire l’identificazione di entrambi i tipi di amiloidosi, senza ricorrere al mezzo di contrasto. Diversi studi hanno evidenziato cambiamenti diagnostici del tempo T1 del miocardio in svariate patologie: il T1 nativo risulta ridotto, per esempio, nel sovraccarico di ferro e nelle infiltrazioni adipose, come nella malattia di Fabry, mentre un aumento del T1 nativo si verifica nella fibrosi focale e diffusa, nell’edema e nell’infiammazione, oltre che nell’infiltrazione di amiloide.

Di recente, un nuovo studio, – first author Andrea Baggiano, staff member UO di RM cardiovascolare del Monzino, – ha verificato la fondatezza di questa ipotesi in una grande coorte di 868 pazienti, inviati al National Amyloidosis Centre, Londra (UK) per sospetta amiloidosi sistemica tra il 2015 e il 2017.

RM T1 Mapping
Sequenza cine in tele-diastole, T1 mapping nativo MOLLI (Modified Look-Locker Inversion recovery) e sequenza LGE in: volontari sani, pazienti con insufficienza renale allo stadio terminale in emodialisi, cardiomiopatia ipertrofica, pazienti con amiloidosi AL e ATTR.(1)

Complessivamente, la prevalenza di amiloidosi cardiaca nella popolazione studiata è stata pari a 50.8% (441 pazienti). In 222 pazienti (25.6%) è stata diagnosticata un’amiloidosi cardiaca a catene leggere (AL), in 214 pazienti la diagnosi è stata di amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR) e nei restanti 427 pazienti non è stato riscontrato alcun coinvolgimento cardiaco. Il T1 nativo era significativamente elevato in entrambi i tipi di amiloidosi, garantendo un’accuratezza diagnostica decisamente elevata nel discriminare la presenza di infiltrazione cardiaca (area sotto la curva: 0.93).

In definitiva, il T1 nativo ha consentito di porre correttamente diagnosi di amiloidosi cardiaca senza ricorso al late gadolinum enhancement in un gran numero di pazienti con sospetta amiloidosi sistemica. In particolare, un valore di T1 nativo inferiore a 1.036 ms risulta associato alla capacità di escludere il coinvolgimento cardiaco (valore predittivo negativo) del 98%, mentre un valore di T1 nativo superiore a 1.164 ms si associa alla capacità di confermare la presenza di amiloidosi cardiaca (valore predittivo positivo) del 98%.

Sulla base dei dati raccolti, gli Autori hanno proposto un algoritmo diagnostico per la CMR senza contrasto, utilizzando questi cut-off per escludere o confermare la diagnosi di amiloidosi cardiaca, e per limitare la somministrazione di contrasto solo ai pazienti con valori di T1 nativo intermedi.

Questo è il primo studio prospettico a indagare l’accuratezza diagnostica del T1 miocardico nativo in un’ampia coorte di pazienti con sospetta amiloidosi sistemica, e supporta il ruolo di questa metodica come strumento diagnostico sensibile e specifico per l’identificazione dell’amiloidosi cardiaca. Andrea Baggiano

L’evidenza prodotta da questo studio aggiunge un ulteriore tassello nel dimostrare il ruolo centrale di tecniche diagnostiche avanzate quali la Risonanza Magnetica nella Cardiologia moderna. Gianluca Pontone

Fonte: www.cardiologicomonzino.it

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