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Medicina

Diabete e iperglicemia: importante curarsi

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Redazione 3 Agosto 2018
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Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, cioè dalla presenza nel sangue di alti livelli di glucosio. Responsabile è una alterata quantità o funzione dell’insulina, un ormone prodotto dal pancreas con la funzione di consentire al glucosio l’ingresso nelle cellule e, quindi, il suo utilizzo come fonte di energia.

Stando ai dati ISTAT, nel 2016 le persone affette da diabete erano oltre 3 milioni 200 mila, il 5,3% dell’intera popolazione (circa una persona su 6 fra gli over 65 anni).

La diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent’anni (coinvolgeva il 2,9% della popolazione nel 1980). Anche rispetto al 2000 i diabetici sono 1 milione in più e ciò è dovuto sia all’invecchiamento della popolazione che ad altri fattori, tra cui l’anticipazione delle diagnosi (che porta in evidenza casi prima sconosciuti) e l’aumento della sopravvivenza dei malati di diabete.

Oltretutto, il diabete è una patologia fortemente associata allo svantaggio socioeconomico. Tra le donne le disuguaglianze sono maggiori in tutte le classi di età: le donne diabetiche di 65-74 anni con laurea o diploma sono il 6,8%, le coetanee con al massimo la licenza media il 13,8% –

Passiamo alla descrizione di questa malattia: il diabete si suddivide in diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2.

Il diabete di tipo 1 colpisce circa il 10% dei pazienti, ed è generalmente considerata una patologia autoimmune. Queste malattie sono dovuta alla risposta immunitaria dell’organismo che si rivolge, erroneamente, verso se stesso.

Di solito la patologia ha un esordio acuto durante l’infanzia e l’adolescenza. L’insulina, che non viene più prodotta dal pancreas, deve essere iniettata ogni giorno e per tutta la vita. In alcuni soggetti, soprattutto bambini e adolescenti,la malattia può insorgere piuttosto rapidamente; nel caso degli adulti, di solito compare invece più lentamente. La causa del diabete di tipo 1 è sconosciuta.

Il diabete di tipo 2 costituisce il 90% circa dei casi, e insorge prevalentemente tra i 30 e i 40 anni. A differenza del diabete di tipo 1, il pancreas mantiene la capacita’di produrre insulina ma l’organismo non riesce poi a utilizzarla. Generalmente, il tipo 2 non viene diagnosticato se non dopo diversi anni: la patologia non dà luogo infatti ai sintomi classici fino a che non diventa severa.

Tra i fattori di rischio, sono ormai riconosciuti l’obesità (il 24% degli over 45 con diabete dichiara di esserlo) e la mancanza di attività fisica (il 64% dichiara di non praticare alcun tipo di sport). Una dieta corretta e l’abitudine di camminare tutti i giorni sono quindi efficaci strumenti di prevenzione. Recentemente, il Ministero della Salute ha lanciato una campagna volta a sensibilizzare sul tema.

Esiste un’altra variante del diabete, detta gestazionale e si presenta nel caso di donne in dolce attesa:riguarda il 4% circa delle gravidanze e si manifesta con un elevato livello di glucosio. Il trattamento può essere solo dietetico (un regime alimentare adeguato che sarà suggerito dal medico) o accompagnato dalla somministrazione di insulina. Scoprire la patologia implica l’effettuazione di controlli più’ frequenti per la donna incinta e il feto.

I sintomi del diabete dipendono dal tipo. Nel diabete di tipo 1 l’esordio, come detto, è di solito acuto con sete, poliuria (aumentata quantità di urine), astenia(sensazione di stanchezza), perdita di peso, pelle secca, infezioni frequenti. Nel diabete di tipo 2 la sintomatologia è meno evidente, più sfumata. La glicemia però resta elevata. In molti casi la diagnosi avviene dopo un forte stress fisico, come ad esempio un intervento chirurgico.

Si tratta di una malattia cronica, con la quale si può convivere con una qualità della vita di poco inferiore a quella di un soggetto sano, soprattutto nel caso di diabete di tipo 2. Ma è essenziale ricordare che si tratta di una patologia che va tenuta costantemente sotto controllo, a partire dalla iperglicemia, perché può dare luogo a complicanze invalidanti. In casi estremi, i danni possono essere gravi, arrivando fino all’amputazione di arti.

Fonte: Istat

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