fbpx



Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Approfondimenti Bergamo Medicina Notizie Locali Lombardia Top

Sindrome da burnout e smartworking: cos’è e come prevenirla

blank
Redazione 16 Febbraio 2021

I casi di burnout da stress da lavoro sono aumentati durante la pandemia, soprattutto tra i lavoratori in smartworking: ecco i sintomi e come prevenire questa sindrome. 

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha costretto molti di noi a cambiare abitudini e modalità di lavoro. 

In particolare, per chi poteva farlo, si è verificata l’esigenza di lavorare da casa, ovvero in smartworking. Una parola, fino a qualche mese fa di nicchia che improvvisamente è entrata nelle nostre vite. 

Letteralmente “lavoro agile”, lo smartworking, nei mesi, si è trasformato da idilliaca ambizione di molti a condizione difficile da gestire, soprattutto da un punto di vista psicologico al punto da diventare un fattore di rischio per la sindrome da burnout, ovvero “esaurimento”. 

Ne parliamo con la dottoressa Marta Colombo, psicologa del Policlinico San Marco, dove è attivo un Servizio di Psicologia Clinica, che mette a disposizione professionisti qualificati anche nella gestione di questo tipo di difficoltà.

Che cosa significa burnout

Il termine burnout tradotto in italiano significa letteralmente “bruciato”“scoppiato”“esaurito” ed è stato utilizzato per la prima volta negli anni 70 con riferimento alle cosiddette helping professions (professioni di aiuto), cioè le professioni sanitarie e assistenziali a contatto con le persone o deputate alla sicurezza pubblica e alla gestione delle emergenze (infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, operatori per l’infanzia, poliziotti e vigili del fuoco). 

Queste professioni, per loro natura, sono state inizialmente identificate come le più esposte a frequenti stati di sofferenza

Da allora, però, il concetto di burnout si è esteso a tutti gli ambiti lavorativi in cui ci siano forti condizioni di tensioni e pressioni

La sindrome da burnout

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il burnout come un fenomeno occupazionale dovuto a stress cronico mal gestito e nel 2019 l’ha riconosciuta come “sindrome”. Il burnout quindi è legato a una condizione di stress prolungato. 

Lo stress è uno stato fisiologico dell’organismo: si definisce “eustress” lo stress sano, ovvero la condizione che aiuta la persona a mobilitare le proprie risorse per risolvere una problematica

Se però questa situazione di tensione persiste nel tempo rischia di trasformarsi in “distress” che comporta un esaurimento delle risorse dell’individuo, proprio come è successo a tanti lavoratori in questi mesi di smartworking dovuto al Covid.

Burnout da smartworking

Se in condizioni normali il burnout è in genere legato alla percezione di uno squilibrio tra le richieste-esigenze professionali e le risorse disponibili, in questa fase di emergenza sanitaria alla base del fenomeno del burnout da smartworking ci sono due fattori: 

  • l’incapacità o impossibilità di disconnettersi dal lavoro;
  • l’incapacità o impossibilità di avere orari precisi di attività lavorativa, come in ufficio.

In altre parole, l’impossibilità di “staccare” preservando i propri spazi extra-lavorativi

Come una lampadina che non si spegne mai o quasi si può fulminare, allo stesso modo anche il lavoratore alla lunga può andare incontro a una sorta di esaurimento, dovuto a un investimento di energie e risorse troppo elevato

I numeri parlano chiaro: secondo alcune recenti ricerche, in media la giornata lavorativa in smartworking dura da 1 a 3 ore in più; si fanno più riunioni (ovviamente in modalità virtuale), si è reperibili anche al di fuori dall’orario di lavoro, rispondendo al telefono o anche “solo” mandando mail. 

Il risultato? 2 lavoratori su 3ovvero il 69% dei lavoratori, soffrono di burnout, 20 % in più rispetto ai mesi che hanno preceduto il lockdown

I fattori di rischio

Nell’insorgenza della sindrome da burnout sono diversi i fattori che possono giocare un ruolo importante ed esporre quindi a un maggior rischio. Tra questi:

  • fattori sociali e personali (livello socio-economico, stile di vita, supporto familiare o amicale, capacità di tollerare lo stress etc);
  • fattori legati al tipo di lavoro (attività ad alto tasso di relazione, come gli ospedali, le scuole, ecc);
  • fattori organizzativi (scarsa retribuzione, condizioni ambientali sfavorevoli, turni ed oraristressanti, routine burocratica, ecc). 

I segnali da non sottovalutare

Quali sono, allora, i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione? 

primi sintomi, spesso sottovalutati, sono:

  •  insonnia
  • mal di testa
  • mal di stomaco
  • difficoltà a recuperare le energie con il riposo dal lavoro. 

Progressivamente si manifestano:

  • esaurimento fisico e psichico, che consiste nella sensazione di sentirsi svuotato e privo di energia; 
  • scarso interesse per le necessità legate al lavoro
  • sensazione di inadeguatezza personale

La persona colpita da burnout può manifestare anche sintomi quali irrequietezza, senso di stanchezza, apatia, nervosismo, tachicardia, nausea, depressione, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia, indifferenza, negativismo, isolamento, cinismo

Un processo graduale in 4 fasi
La sindrome del burnout non si manifesta quasi mai in modo improvvisoma attraversa una serie di fasi, in cui le tre caratteristiche principali, ovvero riduzione delle energie psicofisiche, diminuzione dell’interesse e motivazione nei confronti del lavoro, il calo delle prestazioni professionali, si accentuano gradualmente. 

In particolare, le fasi del furnout sono 4:

  1. Fase dell’entusiasmo idealistico, in cui il lavoratore è fortemente motivato a lavorare. 
  2. Fase della stagnazione, in cui l’operatore continua a lavorare, ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. 
  3. Fase della frustrazione, in cui l’operatore comincia a credere di non essere più in grado di aiutare gli altri. 
  4. Fase del disimpegno, in cui il lavoratore può pensare di lasciare il lavoro o non investire più. 

Cosa fare per ridurre il rischio di burnout da smartworking

Per evitare il rischio di burnout da smartworking, è importante darsi delle regole e in particolare:

  • organizzare e definire gli orari lavorativi: stabilire l’orario di inizio e fine della giornata lavorativa, calcolando una pausa pranzo adeguata. Prima e dopo l’orario di lavoro non si deve rispondere al cellulare, guardare o scrivere mail, tenere accesso il pc o i dispositivi che si utilizzando per lavorare;
  • fissarsi obiettivi ragionevoli, senza pretendere troppo da sé stessi;
  • definire una lista di priorità tra i lavori e i progetti da fare;
  • lavorare in un ambiente o in uno spazio definito, così da poter cambiare anche luogo prima e dopo l’orario di lavoro;
  • non dimenticare di uscire e di prendersi del tempo per cambiare aria e respirare. Appena possibile dedicare pochi minuti all’attività fisica, meglio se all’aria aperta;
  • ritagliarsi del tempo per rigenerarsi con il riposo e dedicandosi ad attività e hobby preferiti.

Se si riconoscono alcuni sintomi del burnout, inoltre, non bisogna esitare a confrontarsi innanzitutto con i propri colleghi, che possono attraversare le stesse difficoltà, o con il datore di lavoro. Se poi il malessere aumenta o persiste è meglio rivolgersi a uno specialista, come uno psicologo o una psicoterapeuta, per ricevere aiuto.

Fonte: www.grupposandonato.it

Tags: