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Virus, una ricerca del San Raffaele svela come si genera una risposta immunitaria efficace

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Redazione 25 Febbraio 2020
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Una ricerca, firmata dal gruppo di Matteo Iannacone – a capo del laboratorio Dinamiche delle Risposte Immunitarie dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha svelato il meccanismo che permette o meno all’organismo di produrre tempestivamente gli anticorpi necessari per sconfiggere le infezioni virali.

Virus come quello dell’influenza stimolano nel nostro organismo l’immediata produzione di anticorpi e una risposta immunitaria efficace: nella maggioranza dei casi infatti, dopo una fase acuta di malattia, questi patogeni vengono debellati definitivamente. Non accade la stessa cosa però nel caso di altri virus come HIV o HCV – responsabili di AIDS ed Epatite C, rispettivamente – che spesso danno vita a malattie virali croniche. Perché?

Una ricerca pubblicata in questi giorni su Nature Immunology e firmata dal gruppo di Matteo Iannacone – a capo del laboratorio Dinamiche delle Risposte Immunitarie dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – punta il dito su un particolare gruppo di molecole messaggero del sistema immunitariogli interferoni di tipo I. Secondo i risultati ottenuti dai ricercatori sarebbe proprio la produzione di queste molecole – che può essere più o meno tempestiva a seconda del tipo di virus – a orientare la difesa dell’organismo verso una produzione di anticorpi sufficientemente rapida (entro o oltre le prime 24 ore). Uno scarto che può fare la differenza nella capacità dell’organismo di debellare il patogeno.  

La scoperta, possibile grazie anche all’impiego di avanzate tecnologie di imaging che permettono di osservare in tempo reale i globuli bianchi in azione e ad analisi di trascrittomica, apre la strada allo sviluppo di nuove strategie per sconfiggere le infezioni virali croniche e di vaccini sempre più efficaci

Ingegnerizzare i virus in laboratorio

 “Si è pensato a lungo che la differenza tra i virus che producono una risposta anticorpale veloce ed efficace da quelli che invece riescono a ritardarla od inibirla fosse dovuta innanzitutto alle proteine espresse dai virus sulla loro superficie (antigeni)”, spiega Mirela Kuka, che ha coordinato lo studio insieme a Matteo Iannacone. “Un’ipotesi sensata, considerato che sulla base di queste proteine il sistema immunitario riconosce la minaccia e si attiva, ma che si è rivelata riduttiva.”

Per capire cosa distingue i virus che producono una risposta anticorpale veloce ed efficace da quelli che invece riescono a ritardarla e spesso a diventare ospiti cronici, i ricercatori hanno fatto ricorso all’ingegneria genetica. L’obiettivo? Produrre dei virus in grado di dare origine ai due diversi scenari pur avendo gli stessi antigeni di superficie.

Un tour de force tecnologico

Una volta ottenuti questi due virus – solo apparentemente simili – i ricercatori hanno osservato il risultato della loro azione in modelli animali di infezione

Per farlo hanno combinato una tecnica di imaging chiamata microscopia intravitale – che permette di osservare in modo dinamico gli spostamenti delle cellule del sistema immunitario – a una tecnica di sequenziamento genetico che permette di tracciare l’identità di queste cellule e di capire cosa sta accadendo a livello molecolare al loro interno.

Unendo queste informazioni, gli scienziati sono stati in grado di tracciare, per i due diversi virus, uno scenario dettagliato della distribuzione spaziale e temporale della risposta immunitaria nelle prime fasi dell’infezione.

Il ruolo degli interferoni di tipo I

Secondo i risultati ottenuti, la risposta anticorpale dipende in modo chiave da una famiglia di molecole, gli interferoni di tipo I, che sembrano in grado di orientare il sistema immunitario verso la produzione di anticorpi piuttosto che verso l’attacco diretto dei patogeni da parte dei linfociti effettori.

In particolare, nel caso dei due virus studiati dai ricercatori, la produzione di Interferone di tipo I in tempi brevi (entro 24 ore dall’infezione) – e quindi l’efficace risposta anticorpale – è verosimilmente legata all’aggressività del virus, ovvero alla sua capacità di replicarsi velocemente e di danneggiare cellule e tessuti.

“Il fatto che la dinamica di produzione dell’interferone di tipo I giochi un ruolo così fondamentale nel determinare il tipo di risposta immunitaria a un’infezione virale ha implicazioni importanti, sia pratiche che di principio”, spiega Matteo Iannacone. “Significa che possiamo pensare di modulare questa molecola usandola a nostro vantaggio.”

In particolare, intervenire sulla produzione dell’interferone I potrebbe avere un ruolo nella produzione di vaccini sempre più efficaci.

Fonte: www.hsr.it

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