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Wellness

Bacche di Goji: superfood o super pubblicità?

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Redazione 22 Luglio 2018
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Conosciute da sempre dalla medicina tradizionale cinese, le bacche di Goji hanno cominciato ad essere note in Occidente solo in anni recenti. Peculiari di questo frutto che appartiene alla famiglia delle Solenaceae (la stessa di patata, pomodoro, melanzana, tabacco, peperoncino e belladonna) sono le proprietà antiossidanti e di tonico delle difese immunitarie, ma non solo: gli antichi erboristi orientali ne consigliavano l’assunzione anche per fortificare i muscoli e ritardare l’invecchiamento. Importante è il contenuto di vitamina C. Gli studi moderni, però, non sono esaustivi al riguardo. Pur escludendo effetti tossici, quelli benefici non sono al momento sufficientemente documentati in letteratura. In parole povere, sono un ottimo prodotto per valorizzare le capacità del marketing e del passaparola. 

Le bacche crescono spontaneamente nelle valli himalayane, nella Mongolia e nel Tibet, ma si possono trovare facilmente in commercio essiccate o sotto forma di concentrato, miscelato in altri prodotti come succhi, yogurt, marmellate. È importante assicurarsi della provenienza del frutto, acquistando solo da produttori che rispettino i requisiti di affidabilità. Per i più intraprendenti, è possibile provare a coltivarle in casa: in rete si trovano molti consigli al riguardo.

Come ogni pianta, naturalmente, anche le bacche di Goji non sono prive di controindicazioni. E’ sconsigliato assumerle in gravidanza per la presenza di luteina e betaina, e in presenza di allergie o intolleranze a patate, pomodori, melanzane: tutte piante della stessa famiglia, quella delle Solenaceae. Se si assumono abitualmente farmaci, è preferibile un consulto medico.

Spesso sono inserite nella lista dei super alimenti (super-foods), che onestamente stentiamo a considerare poco più che una trovata pubblicitaria.

Prima di comprare frutti che provengono da così lontano dovremmo sforzarci di esaminare cosa offre il nostro territorio, accettando per prima cosa la stagionalità dell’offerta.

È vergognoso dichiararsi ambientalisti e parlare di “etica” quando soltanto per una voglia si comprano cibi che devono essere trasportati per migliaia di chilometri (inquinando), e magari coltivati distruggendo l’ecosistema degli stati produttori.

Stesso discorso per la frutta fresca di qualsiasi genere: pretendere ad esempio di mangiare mirtilli, lamponi e frutti di bosco in qualsiasi parte dell’anno significa accettare prodotti che fanno migliaia di chilometri per arrivare sulla nostra tavola, inquinando il pianeta, solo per accontentare le nostre papille gustative.

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