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Coronavirus, Niguarda: i cavalli alleviano lo stress del personale

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Redazione 15 Aprile 2020
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A Niguarda a Milano sono stati avviati interventi, condotti dagli specialisti  della Psicologia Clinica, per cercare di ridurre e contenere il livello di stress emotivo del personale impegnato a gestire l’emergenza Coronavirus: molti medici e infermieri stanno passando il loro tempo libero in compagnia dei sette cavalli del maneggio interno, per ristabilire un proprio equilibrio e percepire una positiva condizione di benessere.

Da diverse settimane nel nostro Paese il personale sanitario, medici, infermieri e tutti gli operatori, lavora senza sosta per fronteggiare questa drammatica emergenza sanitaria, che ha duramente colpito l’umanità intera e di cui ancora non è possibile definire la durata.
Si affronta un nemico invisibile e sconosciuto, che sottopone a carichi di lavoro e turni più faticosi, ed a condizioni emotive stressanti. 

Tutto il personale sanitario deve fare i conti con le peculiari caratteristiche di questa nuova situazione: l’infettività del virus, i rischi di contagio per sé e per gli altri, l’aumento dei casi positivi e dei decessi hanno contribuito progressivamente a determinare una sensazione, diffusa e generalizzata, di allarme e di paura.

In ospedale, la percezione del rischio di esposizione ed il livello medio di ansia associato è comune a tutto il personale: prevalente la preoccupazione, riferita alla letalità del virus ed alla possibilità di esser causa di contagio per i propri famigliari e per la popolazione in generale.

Nell’esperienza di questa emergenza, nei paesi che per primi l’hanno affrontata, tra gli operatori sanitari è stata riscontrata la presenza di una significativa percentuale di sintomatologia psichica e di disturbi emotivi, caratterizzati da ansia, inquietudine, reattività, deflessione del tono dell’umore, facilità al pianto, disturbi del sonno, condizioni che possono incidere negativamente sul piano funzionale e sviluppare nel tempo quadri clinici significativi.
Tristezza e senso di impotenza di fronte alla sofferenza di tutti ed alla morte dei pazienti critici, e soprattutto un rapporto con i pazienti assolutamente diverso dal passato. La relazione è mediata dalla distanza, con tute, scafandri, diversi dispositivi di protezione: medici e infermieri incrociano dietro le mascherine gli sguardi spaventati e la profonda solitudine dei pazienti, che non possono essere confortati direttamente dai propri familiari se non, quando possibile, sempre a distanza con l’utilizzo di tablet o telefonini.

Per questo a Niguarda sono stati avviati una serie di interventi, condotti dagli specialisti  della Psicologia Clinica,  per cercare di ridurre e contenere il livello di stress emotivo del personale impegnato.
Oltre alle attività in tutti i reparti, rivolte ai pazienti covid e, da remoto, ai loro familiari, gli psicologi dell’Ospedale stanno conducendo dei gruppi con il personale sanitario per affrontare le situazioni ad alto impatto e coinvolgimento emotivo, dove condividere esperienze e risorse e lavorare sulla consapevolezza delle proprie capacità (autoefficacia) e sul senso di appartenenza. Garantiscono un monitoraggio telefonico per gli operatori ed i loro familiari in quarantena e, insieme agli psichiatri, un ambulatorio dedicato ai dipendenti che soffrono di una condizione emotiva che necessita di una valutazione ed un trattamento individuale diretti.   

Ma non solo.

L’ospedale Niguarda ha al suo interno un grande maneggio, il Centro V. Di Capua, tra i primi in Italia ad occuparsi di terapia assistita con i cavalli, nei percorsi di cura dei bambini con disturbi della sfera psicomotoria, cognitiva ed emotiva.
In questo periodo di emergenza il Centro, come molti altri servizi, ha dovuto sospendere le attività dirette, avviando monitoraggi da remoto per i piccoli pazienti, e con i suoi operatori ha deciso di “fare la propria parte” nella lotta contro il coronavirus mettendosi al servizio dei colleghi che operano nei reparti.
Tutte le attività organizzate sono guidate da uno psicologo, esperto in interventi assistiti con gli animali, con l’aiuto di coadiutori che si occupano della gestione del cavallo.
Nelle prime due settimane dall’inizio del progetto, già trenta persone, tra medici e infermieri, prima o dopo il turno in corsia hanno varcato la soglia di questa “fattoria” all’interno dell’Ospedale, dove tra prati, aiuole fiorite, orti e piante da frutta, insieme al personale del Centro li aspettavano Adelina, Giove, Birbante, Jamaica, Fly Lady, Winter e Nilo…sette bellissimi cavalli.

Questa ulteriore iniziativa offre agli operatori un tempo e uno spazio per sé, in cui potersi rilassare e “ricaricare”. Stare all’aria aperta, a contatto con gli animali e seguire delle esperienze guidate positive. 

Molti soffrono di una mancata relazione stretta con i pazienti che stanno curando, o causa della gravità della malattia, o perché “ingabbiati” in tute da astronauti che non gli permettono quel contatto a cui erano abituati”- spiega la psicologa del Centro.

E allora, relazionarsi con un animale, prendendosi cura del cavallo sotto diversi aspetti (accompagnarlo a pascolare, pulirlo, dargli da mangiare…) può aiutare a ristabilire un proprio equilibrio ed a percepire una positiva condizione di benessere.

E’ possibile partecipare ad un’esperienza individuale o in piccoli gruppi.
Il primo incontro è finalizzato a far conoscere all’operatore gli spazi del centro, i cavalli, cogliendo l’occasione per un approfondimento sul progetto, che prosegue concordando poi via via i successivi incontri settimanali e le attività con gli animali. Si parte dalla scelta del cavallo che “generalmente si orienta su chi si percepisce come simile a noi, sia per affinità sia per diversità, favorendo l’instaurarsi di un legame con l’animale” precisa la psicologa. 
Per poi dedicarsi, tranquillamente, al nuovo amico in uno spazio all’aria aperta, nella natura, godendosi questo momento speciale e prendendosene cura, beneficiando così di uno scambio gratificante e positivo.

Tutto questo per supportare coloro che oggi l’Italia chiama “eroi” ma che, in realtà, sono uomini e donne, faticosamente impegnati a compiere il proprio dovere.

Fonte: www.ospedaleniguarda.it

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