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Integratori e farmaci: attenzione alle interazioni negli anziani in politerapia

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Redazione 31 Agosto 2021
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La politerapia è molto comune tra gli anziani e oggi sono sempre più numerosi i pazienti che, insieme ai farmaci con prescrizione medica, fanno uso anche di integratori alimentari: questa crescente diffusione può però comportare rischi ingiustificati per le persone anziane con polipatologie e per le interazioni con le terapie croniche.

È pensiero comune, purtroppo, ritenere che questi prodotti siano sicuri e privi di effetti indesiderati. La verità è che solo raramente sono disponibili studi che abbiano valutato efficacia, effetti avversi e potenziali interazioni di questi prodotti con i farmaci tradizionali.

Fitoterapici e integratori si comportano però a tutti gli effetti come farmaci e la convinzione che questi prodotti siano del tutto innocui è un falso luogo comune.

È opportuno ricordare non solo che il termine “integratore” sottintende che ci sia una carenza da reintegrare ma anche che non esistono integratori o altri prodotti in grado di controbilanciare gli effetti negativi di un’alimentazione squilibrata o non corretta. Pertanto, a meno di carenze accertate, l’impiego di integratori da parte di pazienti anziani politrattati andrebbe evitato, in quanto non solo non è supportato da prove convincenti, ma si associa anche all’esporsi a possibili rischi. 

Qual è la normativa che regola il commercio degli integratori?

La normativa per l’immissione in commercio degli integratori non è la stessa seguita da un farmaco. Per questi pseudo-farmaci è necessario chela produzione avvenga secondo le norme di buona fabbricazione, garantendo di fatto solo la corrispondenza della composizione a quanto dichiarato sull’etichetta. Ciò consente la commercializzazione di un elevato numero di integratori e supplementi che differiscono per composizione, associazione di sostanze e dosaggi, senza che vengano raccolte adeguate informazioni sul profilo di rischio e sull’efficacia dei diversi prodotti.

In generale, poi, si ritiene che i rischi per la salute siano bassi. Uno studio condotto negli Stati Uniti nel 2015 ha tuttavia stimato che gli integratori sono responsabili di circa 23.000 accessi al pronto soccorso ogni anno. La maggior parte delle visite in ospedale della popolazione adulta è stata attribuita a prodotti utilizzati con il fine di ridurre l’appetito, aumentare il vigore fisico, la massa muscolare e migliorare le prestazioni sessuali. Tutti prodotti che hanno causato problemi cardiaci (palpitazioni, dolore al petto e/o tachicardia) e disturbi di tipo neurologico/psichiatrico (cefalea, vertigini, difficoltà motorie e ansia).  

I multivitaminici: davvero indispensabili e sicuri?

Un esempio di integrazione non necessaria e potenzialmente dannosa è fornito dai multivitaminici.

Le vitamine sono i supplementi dietetici maggiormente utilizzati e rappresentano circa 1/3 di tutti gli integratori. L’utilizzo è in costante crescita ed è stato stimato che tra il 2003 e il 2006 circa il 50% della popolazione americana ne abbia fatto uso regolare, con una prevalenza che cresceva fino al 70% fra gli ultrasettantenni.

L’enfasi e le aspettative per questi prodotti, però, non sono affatto supportate da dati scientifici. Generalmente tali preparati rientrano in un’operazione commerciale che fa presa su mode del momento e sulla comune convinzione che “tanto non fanno male!”. Infatti, in tanti pensano che, se gli integratori non riescono a raggiungere l’effetto desiderato, non hanno comunque alcun effetto negativo sull’organismo.

Se non c’è dubbio che le vitamine siano necessarie per un corretto funzionamento dell’organismo e che la loro carenza debba essere corretta, non c’è però alcuna evidenza scientifica che documenti il beneficio di una extra-assunzione sotto forma di integratori. I multivitaminici sono largamente impiegati per i presunti effetti benefici quali riduzione della mortalità, di tumori, di malattie cardiovascolari e miglioramento dello stato cognitivo.

Alcune revisioni e metanalisi hanno chiaramente mostrato che la supplementazione costante di multivitaminici e sali minerali non è associata ad alcun effetto protettivo su mortalità, rischio di tumori o malattie cardiovascolari, ma che, al contrario, non è del tutto priva di rischi. L’eccesso di alcune vitamine che si depositano nei grassi (dette vitamine liposolubili) può infatti comportare effetti tossici: alcuni studi hanno infatti osservato un piccolo aumento della mortalità associato al consumo regolare di betacarotene e vitamina E, suggerendo che la supplementazione vitaminica in una popolazione di adulti e anziani senza evidenti carenze nutrizionali non offre vantaggi apprezzabili sul piano clinico, ma comporti solo possibili rischi. 

Interazioni pericolose tra integratori e farmaci

Integratori e fitoterapici possono inoltre provocare interazioni gravi con i farmaci tradizionali.

Nella maggior parte dei casi, i meccanismi responsabili delle interazioni coinvolgono il metabolismo epatico dei farmaci, mediato dalla famiglia dei citocromi P450 ed il sistema di trasporto cellulare della glicoproteina-P. La gingko-biloba, ad esempio, utilizzata nei deficit di memoria e in alcune patologie vascolari periferiche, possiede attività antiaggregante piastrinica. I pazienti che assumono farmaci con effetti sulla funzione piastrinica o sulla coagulazione (antiaggreganti o anticoagulanti) potrebbero avere un più alto rischio di sanguinamento. I potenziali benefici della gingko-biloba, invece, sono attribuiti piuttosto agli effetti antiossidanti, al miglioramento del flusso sanguigno e della perfusione cerebrale e a possibili effetti neuro-protettivi. Tuttavia, gli studi condotti finora non hanno riscontrato alcun risultato apprezzabile.

Un ulteriore esempio è fornito dall’iperico o “Erba di San Giovanni”, ampiamente utilizzato per il trattamento della depressione di grado lieve o moderato. L’iperico presenta numerose interazioni di tipo farmacocinetico, dovute alla sua capacità di attivare alcuni attori del metabolismo epatico (citocromi e glicoproteina-P). Ciò può comportare una riduzione dell’assorbimento di alcuni farmaci, come la digossina, oppure l’aumentato metabolismo con conseguente riduzione dell’effetto di farmaci antivirali, immunosoppressori, antiepilettici e ipolipemizzanti. Inoltre, nei pazienti che assumono contemporaneamente farmaci antidepressivi o oppiodi, l’iperico può causare un aumento dei livelli di serotonina a livello del sistema nervoso centrale con possibili alterazioni dello stato mentale, ipertensione, aritmie, tremori, iperiflessia tendinea e mioclonie (sindrome serotoninergica).

Fonte: www.marionegri.it

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