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Mantova, anomalie cromosomiche del feto: c’è il bi-test

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Redazione 23 Novembre 2020
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Un nuovo esame di screening prenatale, per calcolare la probabilità di rischio di alcune anomalie cromosomiche del feto, al Carlo Poma di Mantova: si chiama bi-test e viene eseguito dal 4 novembre dalla Medicina di Laboratorio, diretta da Beatrice Caruso. Si tratta di un esame non invasivo che con un prelievo di sangue permette, insieme ad altri dati clinici e anagrafici, di calcolare con alta attendibilità la probabilità di rischio di alcune anomalie cromosomiche del feto: le trisomie 21 (la più frequente nei neonati),18 e 13.

La valutazione del rischio di trisomie fetali mediante screening combinato non invasivo include la valutazione di caratteristiche materne in combinazione con esami ecografici del feto: la valutazione della translucenza nucale e misurazione di specifici biomarcatori nel circolo materno. Questa tipologia di screening è stata descritta per identificare l’85-95 per cento di gravidanze affette da trisomia fetale con un tasso di falsi positivi del 5 per cento.

I dosaggi di questi biomarcatori vengono eseguiti dai professionisti del settore Immunochimica del Laboratorio di Mantova, in particolare dalle dirigenti Maria Teresa Benatti e Loretta Lococo, su strumentazione Kryptor accreditata dalla Fetal Medicine Foundation che garantisce una continuità del dato analitico per la nostra popolazione sottoposta a screening prenatale.

Le prestazioni ecografiche e la valutazione del rischio vengono eseguite da ginecologi esperti accreditati sempre dalla Fetal Medicine Foundation negli ambulatori delle strutture di Ostetricia e Ginecologia di Mantova, Pieve di Coriano e Asola. La struttura di Patologia prenatale e della gravidanza, diretta da Gianpaolo Grisolia, si occupa della diagnosi prenatale e fornisce consulenze nei casi di patologia materno-fetale con presa in carico della paziente fino al parto.

Il calcolo del rischio eseguito dai ginecologi viene effettuato con un software della Fetal Medicine Foundation che prende in considerazione, oltre a translucenza nucale e ormoni materni (bi-test), l’epoca di gravidanza, l’età della donna, il suo peso, l’abitudine al fumo, la presenza di precedenti figli con anomalie cromosomiche, l’etnia e le metodiche di procreazione medicalmente assistita. Il risultato del test non è una diagnosi, ma è un indice di rischio.

Il test combinato seleziona le donne in cui è utile eseguire l’esame dei cromosomi del bambino, distinguendole da quelle per le quali non si ritiene utile correre il rischio del prelievo di materiale fetale. Le donne con un rischio aumentato al test combinato, per conoscere il carioptipo del bambino, dovranno sottoporsi a villocentesi o amniocentesi, procedure invasive gravate da un rischio di abortività di circa l’1 per cento.

Tramite la stessa piattaforma impiegata per il bi-test verranno inoltre eseguiti ulteriori test: cromogranina a, marcatore biochimico di neoplasia neuroendocrina e copeptina da utilizzare come marcatore surrogato dell’ormone antidiuretico.

Fonte: www.asst-mantova.it

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