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Wellness

Liquirizia: quando usarla…e quando è proprio meglio di no

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Redazione 26 Gennaio 2019
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In Asia la usano da cinquemila anni, la conoscevano bene gli Egizi e gli Assiri, era nota ai medici dell’antica Grecia: la storia della liquirizia in medicina è millenaria. Ma cosa la rende così speciale?

Il principio attivo della liquirizia è la glicirrizina, che ha un’azione anti-infiammatoria e antivirale. Aerofagia, stitichezza, digestione lenta, ulcere gastro-duodenali: sono solo alcune delle patologie dell’apparato gastrointestinale su cui la liquirizia riesce ad agire. Pare che la pianta formi un sottile film che protegge la mucosa gastrica dall’attacco degli acidi.

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Il contenuto di anti-ossidanti spiega invece i benefici per il fegato, conosciuti già dai medici cinesi. Se poi soffrite di pressione bassa, un consumo moderato di liquirizia può aiutarvi a ristabilire i valori normali perché stimola la produzione di cortisolo aldosterone, due ormoni che regolano la pressione arteriosa.

La liquirizia si trova commercializzata in varie forme, a partire dalle radici: ad essere usate sono quelle di piante di tre o quattro anni. Si può consumare in caramellebastoncini, in tisane e persino come liquore, molto di moda come digestivo. L’estratto viene impiegato anche per conferire gusto alla corposa birra irlandese.

E’ importante, però, fare attenzione. Come sempre, il fatto che sia naturale non significa che si tratti di un prodotto privo di controindicazioni. La liquirizia andrebbe evitata dai pazienti in cura per ipertensione (la dose considerata sicura dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è 2mg/kg di peso al giorno). Pare che l’assunzione di liquirizia sia da evitare anche assieme a cortisonici anticoncezionali: in combinazione con questi farmaci, potrebbe provocare un aumento della carenza di potassio.

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