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Scoperto gene fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso periferico

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Redazione 24 Aprile 2019
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Un primo passo importantissimo per sperare nel prossimo futuro di aiutare la rigenerazione del sistema nervoso in contesti di malattia: scoperto per la prima volta un gene il cui compito è guidare la crescita del sistema nervoso (in questo caso l’assone dei neuroni) fuori dal midollo spinale.

Segue comunicato HSR

Nel giro di poche settimane, durante lo sviluppo embrionale, miliardi di neuroni del sistema nervoso periferico si allungano in tutto l’organismo – come le radici di un albero alla ricerca di acqua nel terreno – per raggiungere cervello, muscoli e apparato sensoriale, con una precisione di oltre un millesimo di millimetro. Come ciò avvenga è uno dei grandi misteri delle neuroscienze.

Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, sotto la guida di Dario Bonanomi, ha appena svelato uno dei meccanismi chiave che permette ai motoneuroni che risiedono nel midollo spinale di estendere lunghe proiezioni per mettere in collegamento con successo il cervello alle estremità del corpo. Lo studio, pubblicato questa settimana su Neuron, è la conclusione di un ambizioso progetto di ricerca avviato dallo stesso Bonanomi presso il Salk Institute di La Jolla, California, dove lavorava prima di rientrare in Italia grazie a una borsa della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.

Durante lo sviluppo, le cellule staminali embrionali si duplicano e si specializzano in diversi tipi cellulari, permettendo così la formazione corretta di organi e apparati. L’esempio più complesso di questo fenomeno è dato dal sistema nervoso: centinaia di miliardi di neuroni non devono solo trovare il loro posto nel cervello o lungo il midollo spinale, ma devono anche allungare le loro propaggini – gli assoni – per stabilire le giuste connessioni. Per i motoneuroni – le cellule colpite dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica – questo significa uscire dal midollo spinale, allungarsi nella direzione corretta e raggiungere uno specifico muscolo o recettore sensoriale, come quello sulla punta dell’indice della nostra mano. A guidare gli assoni in questo viaggio cieco lungo il nostro corpo in formazione sono una serie di segnali biochimici che l’assone è equipaggiato per ricevere e decodificare grazie a dei recettori presenti sulla sua membrana.

«Se immaginiamo di dover guidare l’assone di un singolo neurone lungo un percorso a tappe, facendogli cambiare direzione quando necessario, possiamo immaginare di dargli i giusti segnali chimici nei giusti punti lungo il percorso», spiega Dario Bonanomi. «Il problema è che miliardi di assoni stanno facendo il loro viaggio contemporaneamente, spesso incrociandosi ma viaggiando in direzioni diverse. Questo significa che moltissimi segnali si sovrappongono in ogni punto, generando rumore».

Ecco perché ai neuroni non basta ricevere i segnali giusti, ma occorre avere dei meccanismi interni per ignorare le distrazioni. Nello studio appena pubblicato, il gruppo di Bonanomi descrive per la prima volta un gene il cui compito è proprio ignorare i segnali errati in un momento cruciale del viaggio dell’assone, quello in cui deve uscire dal midollo spinale.

Senza questo gene infatti, gli assoni dei motoneuroni invece di uscire dal midollo e avventurarsi verso il loro target prestabilito rimangono bloccati al suo interno e iniziano a risalirlo. Per questo motivo Bonanomi ha voluto dare il nome di Cassin, come l’alpinista italiano, a questo gene, perché permette agli assoni di aprire una “via” per uscire dal midollo, proprio come fanno gli alpinisti davanti a una parete rocciosa.

La scoperta, in un certo senso, cambia un paradigma: si pensava che i neuroni “scegliessero” di ricevere solo il segnale di interesse attraverso il cambio dei recettori di membrana. Ora sappiamo che mantengono più recettori attivi e ricevono segnali anche contraddittori, ma li ignorano in modo selettivo durante il percorso. Una scoperta fondamentale: «Solo studiando e conoscendo come il sistema nervoso periferico si forma durante lo sviluppo, possiamo sperare, nel prossimo futuro, di aiutarne la rigenerazione in contesti di malattia», conclude Bonanomi.

Fonte: comunicato San Raffaele

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