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Editing Genetico: dal San Raffaele una nuova strategia per migliorarne efficienza e precisione

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Redazione 3 Luglio 2020
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I ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon descrivono un nuovo meccanismo con cui è possibile migliorare l’efficacia della Terapia Genica e dell’Editing Genetico e superare gli ostacoli finora presenti alla sua applicazione nei confronti delle cellule staminali del sangue.

In uno studio pubblicato Nature Biotechnology, un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), guidati da Luigi Naldini, ha mostrato come superare una delle più importanti barriere all’applicazione dell’editing genetico alle cellule staminali ematopoietiche, che al contempo rappresentano un bersaglio fondamentale per la cura di gravi malattie genetiche come le immunodeficienze primitive. 

Forte della decennale esperienza nel campo, i ricercatori dell’SR-Tiget stanno lavorando per rendere l’editing genetico un approccio terapeutico sempre più sicuro e efficace.  

Luigi Naldini, direttore dell’SR-Tiget, commenta così: “Il nostro è un risultato importante nel percorso verso l’applicazione clinica in malattie in cui la terapia genica ‘tradizionale’  non è indicata, perché quello da correggere è un gene ‘delicato’, coinvolto, per esempio, nella regolazione della crescita cellulare. 

In questi casi l’editing genetico offre la possibilità di correggere il gene nella sua sede naturale, mantenendone la regolazione fisiologica. Cosa invece impossibile quando il gene terapeutico viene fornito dall’esterno e va a inserirsi casualmente nel genoma. 

Per alcune patologie questo non è un problema, come dimostrato proprio dai successi terapeutici della terapia genica messa a punto nel nostro istituto, ma in altre può invece risultare rischioso. 

E la medicina di precisione è proprio questo: disegnare strategie terapeutiche su misura, basandosi su una conoscenza approfondita dei meccanismi biologici e degli ostacoli da superare”.

Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione Telethon, dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea, dal Ministero della Salute e dal Ministero della Ricerca Scientifica Italiani, oltre che dalla Fondazione Louis-Jeantet di Ginevra che nel 2019 ha conferito proprio al direttore dell’SR-Tiget il suo premio per la medicina traslazionale. 

Lo studio del San Raffaele

L’editing genetico è considerato l’ultima frontiera della medicina di precisione, poiché permette di correggere in modo puntuale errori nelle informazioni genetiche nel DNA responsabili di gravi malattie ancora incurabili. 

Oggi siamo in grado di guidare questo sistema di riparazione, fornendo alla cellula la versione corretta che vogliamo sia sostituita a quella mutata

Per farlo si utilizza un vettore virale, ovvero un virus reso innocuo, ma ancora capace di infettare le cellule e trasferirvi con il proprio carico genetico lo stampo per la correzione – spiegano Samuele Ferrari e Aurelien Jacob, primi autori del lavoro -. 

In questo lavoro abbiamo, invece, utilizzato CRISPR/Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare un DNA bersaglio. Tuttavia, questo sistema mirato di correzione non lavora al meglio all’interno delle cellule staminali ematopoietiche. 

Queste cellule per loro natura sono tendenzialmente quiescenti e, una volta avvertito un danno al DNA, tendono a non proliferare più o addirittura ad autoeliminarsi. 

Siamo quindi andati a studiare come stimolarle ed evitare gli effetti collaterali del nostro intervento chirurgico sul materiale genetico”.

Grazie a studi precedenti svolti nell’istituto dal gruppo di Naldini e in collaborazione con il gruppo di Raffaella Di Micco, i ricercatori hanno trovato una delle chiavi per superare l’impatto negativo del taglio del DNA sulle cellule staminali ematopoietiche, agendo su una delle proteine più importanti per la regolazione della proliferazione cellulare (p53). 

Questa proteina, soprannominata “guardiana del genoma”, agisce come inibitore della crescita cellulare in condizioni patologiche, tanto che un suo malfunzionamento è associato a numerosi tumori. 

Somministrando alle staminali del sangue un inedito cocktail proteico durante l’editing genetico, i ricercatori sono riusciti a bloccarne temporaneamente l’azione e a migliorare notevolmente l’efficienza del processo correttivo.

Come valutare efficacia e sicurezza della procedura 

“Ma questa non è l’unica innovazione introdotta – continua Pietro Genovese, che ha supervisionato lo studio insieme a Luigi Naldini ed è stato recentemente reclutato dalla Harvard Medical School di Boston. 

Abbiamo dimostrato che è possibile inserire nel vettore virale, oltre alla sequenza guida per la correzione del DNA, anche una breve sequenza aggiuntiva che funziona come un vero e proprio ‘codice a barre’ per identificare in modo univoco ognuna delle cellule staminali corrette. 

In questo modo possiamo seguirle nel tempo e verificare che il loro comportamento non sia stato alterato dal trattamento. 

Questo ci ha permesso di dimostrare non solo l’efficacia dell’editing, ma anche, e per la prima volta, che la procedura è sicura: abbiamo infatti potuto escludere l’insorgenza di cellule che potrebbero dare origine a tumori futuri. 

In altre parole, se associamo ogni codice a barre molecolare ad un colore, siamo tranquilli quando vediamo tanti colori diversi: significa che le cellule corrette sono molte. Viceversa, se osserviamo pochi colori o anche solo un colore prevalente, per noi è un campanello di allarme che ci indica un rischio della procedura”.

Fonte: www.hsr.it

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