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San Raffaele, nuove speranze per il tumore infiltrante alla vescica

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Redazione 28 Luglio 2021
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Alcuni studi condotti dai medici e dai ricercatori del San Raffaele potrebbero dare nuove speranze e cambiare la strategia terapeutica per il tumore infiltrante alla vescica in un sottoinsieme di pazienti.

Il tumore muscolo-infiltrante alla vescica (MIBC) è un tumore particolarmente aggressivo e con un alto rischio di produrre metastasi, ancora oggi difficile da trattare. 

Negli ultimi anni però, grazie a un approccio sempre più multidisciplinare, che include urologi, oncologi, radio-terapisti, radiologi e anatomopatologi, e all’introduzione di nuovi farmaci immunoterapici, stanno emergendo nuove strategie terapeutiche che promettono di rendere la patologia sempre più curabile.

Ne parliamo con Andrea Necchi, oncologo responsabile dell’area genitourinaria presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore associato dell’Università Vita-Salute San Raffaele, che ha di recente discusso i risultati degli ultimi studi al congresso annuale dell’ASCO, l’American Society of Clinical Oncology.

Cos’è il tumore alla vescica e quanto è diffuso

Il tumore muscolo-infiltrante alla vescica viene diagnosticato nel 15% dei casi delle neoplasie della vescica, mentre per il restante 85% si tratta di neoplasie “superficiali”. In generale, però, il tumore alla vescica, nella sua forma infiltrante e non infiltrante, rappresenta circa il 3% di tutti i tumori, colpendo in Italia oltre 313.500 individui

Il fattore di rischio principale è rappresentato dal fumo di sigaretta.

Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori, il tumore alla vescica è la quarta forma più frequente nel sesso maschile e da solo rappresenta il 9% dei tumori che colpiscono gli uomini tra i 50-69 anni, percentuale che sale a 11% dei tumori nella fascia di età sopra i 70 anni

La sopravvivenza a 5 anni in Italia è sopra l’80%, sia per gli uomini che per le donne, anche se sono frequenti le probabilità di recidive e se la prognosi è più negativa nel caso di tumore infiltrante.

Come si cura il tumore infiltrante alla vescica 

Il trattamento di prima linea per questo tipo di tumore alla vescica è rappresentato dalla cistectomia radicale, un intervento invasivo che consiste nell’asportazione integrale di:

  • vescica e prostata nell’uomo;
  • vescica, utero e ovaie nella donna.

Quando le condizioni del paziente lo consentono, l’operazione viene preceduta da chemioterapia a base di cisplatino per ridurre le dimensioni del tumore e facilitarne l’asportazione. 

Purtroppo però solo circa il 20% dei pazienti riceve il trattamento farmacologico: il 50% non può sostenerlo per condizioni di salute preesistenti, e la restante parte si rifiuta di assumerlo, anche per via dei forti effetti collaterali che lo accompagnano.

L’efficacia dell’immunoterapia pre-intervento

Di recente, il San Raffaele è stato capofila, in collaborazione con l’Istituto dei Tumori di Milanodell’introduzione dell’immunoterapia come possibile trattamento pre-operatorio nei tumori infiltranti alla vescica. 

“Nel 2018, con uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, abbiamo dimostrato l’efficacia di un farmaco inibitore dei checkpoint immunitari, pembrolizumab, nel far regredire o scomparire il tumore, con risultati superiori rispetto al chemioterapico cisplatino e con minori effetti collaterali. 

La capacità di questo immunoterapico di far regredire completamente le cellule tumorali nella vescica è stata più frequente nei soggetti in cui il tumore presentava l’espressione di una proteina di membrana chiamata PD-L1, su cui agisce specificatamente il farmaco”, spiega Andrea Necchi.

Se ulteriormente confermata dai numeri studi in corso a livello mondiale, l’efficacia di pembrolizumab potrebbe in futuro aprire la strada a cure più brevi e meno tossiche rispetto alla chemioterapia e permettere operazioni meno invasive”.

Il prossimo passo: evitare la cistectomia in pazienti selezionati

Dopo gli studi sull’immunoterapia pre-intervento, il San Raffaele si è già proiettato verso il passo successivo: la possibilità di evitare la cistectomia, così come ogni altra terapia aggressiva sulla vescica, in pazienti selezionati in base alle caratteristiche del tumore.

“Nel nostro istituto  – specifica Andrea Necchi – stiamo realizzando uno studio che prevede la sola somministrazione di immunoterapia unita alla resezione endoscopica al posto della chirurgia radicale, in un particolare sottogruppo di pazienti selezionati in base:

  • all’espressione della proteina PD-L1 del tumore;
  • al carico mutazionale. 

Gli avanzamenti nel trattamento che proponiamo al San Raffaele rappresentano l’ultima frontiera di cura per questa malattia. L’obiettivo del team uro-oncologico del nostro istituto, – anche grazie al contributo determinante del professor Francesco Montorsi, direttore dell’Unità di Urologia, è quello di migliorare le conoscenze su questo tumore per arrivare in futuro alla possibilità di una cura con vescica intatta delle neoplasie uroteliali”.

Questo studio si inserisce ancora una volta come capofila in un trend di studi clinici che prevedono un risparmio progressivamente maggiore della vescica, attraverso l’uso della radioterapia combinata con l’immunoterapia, o l’uso della chemio-immunoterapia.

 I risultati preliminari di alcune tra queste ricerche sono stati presentati durante il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), che si è tenuto a inizio giugno.

Fonte: www.hsr.it

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