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Ernia diaframmatica, due studi sulla tecnica per operare i bimbi in utero

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Redazione 5 Agosto 2021
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Due studi internazionali, ai quali hanno partecipato anche esponenti dell’Università degli Studi di Milano e del Policlinico di Milano, hanno accertato la validità scientifica della tecnica operatoria Fetoscopic endoluminal tracheal occlusion (FETO), che permette di operare l’ernia diaframmatica dei neonati in utero, quando cioè sono ancora nella pancia della mamma.

Ogni anno 1 bambino ogni 4mila nasce con un’ernia diaframmatica: si tratta di una condizione congenita che mette a serio rischio la sopravvivenza di questi bambini dopo la nascita, in cui uno o più organi dell’addome “attraversano” il diaframma e invadono la cavità del torace, compromettendo gravemente il corretto sviluppo dei polmoni. Esiste una tecnica chiamata Fetoscopic endoluminal tracheal occlusion (FETO) che viene utilizzata in pochi centri al mondo, e tra questi c’è il Policlinico di Milano: è una tecnica che migliora la sopravvivenza di questi bambini, operandoli quando sono ancora nella pancia della loro mamma. Finora però mancavano dati solidi provenienti per confermare la validità scientifica di questa procedura: una conferma che adesso arriva da due studi appena pubblicati sul New England Journal of Medicine, entrambi firmati dai maggiori esperti internazionali di chirurgia fetale, di terapia intensiva neonatale e di chirurgia pediatrica tra cui ci sono anche i nostri Nicola PersicoFabio Mosca ed Ernesto Leva, professori dell’Università degli Studi di Milano.

I due studi hanno coinvolto 14 centri internazionali di chirurgia fetale (tra Italia, Belgio, Regno Unito, Francia, Spagna, Canada, Giappone, Australia, Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi e Polonia) e 46 centri con una grande esperienza nelle cure neonatali; gli studi hanno confrontato la sopravvivenza dei bimbi con ernia diaframmatica che seguivano il percorso tradizionale (intervento chirurgico alla nascita) con quelli che avevano potuto essere operati in utero grazie alla tecnica FETO. Nei bimbi con ernia diaframmatica grave lo studio è stato addirittura interrotto prima del previsto dato che la tecnica FETO ha mostrato tassi di sopravvivenza nettamente superiori: il 40% dei bimbi operati in utero contro il 15% dei bimbi che invece sono stati operati alla nascita, percentuali che si sono confermate identiche a 6 mesi di distanza. Per l’ernia diaframmatica di grado moderato l’aumento della sopravvivenza nei piccoli operati mediante la tecnica FETO rispetto al percorso tradizionale è stato più contenuto, dal 50% al 63%, e non è risultato statisticamente significativo. Per la forma moderata saranno necessari ulteriori studi per chiarire l’effetto dell’intervento prenatale sulla sopravvivenza dei bambini, mentre per le forme più gravi oggi è possibile proporre la tecnica FETO sulla base di solide evidenze scientifiche.      

 Al Policlinico di Milano ad oggi sono stati eseguiti più di 50 interventi di questo tipo, in quello che è l’unico centro italiano ad avere le necessarie competenze e che segue il piccolo paziente e la sua mamma dall’epoca fetale fino alla dimissione del neonato dopo l’intervento, incluso il parto che nella maggior parte dei casi può avvenire per via naturale. La tecnica FETO consiste nell’introdurre una sorta di “palloncino” gonfiabile attraverso la bocca del feto quando è ancora nella pancia della sua mamma. Una vera e propria terapia in utero che favorisce il più possibile il normale sviluppo degli organi compromessi dalla malformazione. Il palloncino rimane nella sua posizione, poco sotto alle corde vocali, per circa sei settimane: poi viene rimosso con un secondo intervento, intorno alla 34esima settimana di gestazione, per liberare le vie aeree prima della nascita.

Un intervento così delicato richiede necessariamente un fortissimo lavoro di equipe: e gli specialisti del Dipartimento della Donna, del Bambino e del Neonato del Policlinico sono in grado di garantire alle madri e ai loro bambini con questa patologia un trattamento unico in Italia.

Leggi gli studi pubblicati sul New England Journal of Medicine:

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2027030

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2026983

Fonte: www.policlinico.mi.it

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