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San Raffaele, ecco la molecola che smaschera le cellule tumorali

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Redazione 16 Luglio 2021
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Una molecola sintetica sviluppata nei laboratori del San Raffaele potrebbe aiutare a rendere le cellule tumorali più visibili al sistema immunitario.

Le cellule del nostro organismo hanno sulla loro membrana delle proteine, chiamate anche ‘don’t eat me, che dicono letteralmente al sistema immunitario ‘non mangiarmi’. 

Queste proteine sono fondamentali per preservare i tessuti da fenomeni patologici di tipo auto-immunitario, ma vengono sfruttate anche dalle cellule tumorali, che le espongono in eccesso per rendersi invisibili alle nostre difese immunitarie.

Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidati da Marco Bianchi, responsabile del laboratorio Dinamica della Cromatina e professore ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ha scoperto un meccanismo che spinge le cellule tumorali a ritirare la principale proteina ‘don’t eat me’, CD47. In questo modo le cellule tumorali si fanno riconoscere e si arrendono, per così dire, al sistema immunitario. 

I ricercatori hanno anche dimostrato in un modello sperimentale di mesotelioma, un tumore molto aggressivo che deriva prevalentemente dall’esposizione all’amianto, che BoxA, una molecola sintetica sviluppata nel loro laboratorio è in grado di attivare questo meccanismo.

I risultati dello studio, pubblicati su EMBO Molecular Medicine, aprono la strada a nuove strategie di immunoterapia del cancro, in grado di rendere più facilmente riconoscibili le cellule tumorali e di conseguenza eliminabili.

Proliferazione dei tessuti e sorveglianza immunitaria

Il nostro organismo, come tutti gli organismi pluricellulari, funziona e sopravvive solo grazie alla capacità delle parti che lo compongono di restare in equilibrio tra loro. Questo equilibrio è spesso garantito da una molteplicità di segnali contrastanti, come pesi e contrappesi che tengono sospesi 2 piatti di una bilancia. 

Il ruolo della proteina CD47

Un esempio riguarda la proteina CD47, la principale proteina ‘don’t eat me’ presente sulla membrana delle cellule. CD47 funzionacome una bandierina che segnala ai macrofagi di non mangiare (fagocitare, in termini tecnici) le cellule su cui è esposta

Tutte le cellule estranee all’organismo non hanno CD47 e quindi sono una ‘preda legittima’ per i macrofagi. 

Anche le cellule vecchie ritirano CD47 dalla superficie e si fanno eliminare dai macrofagi.

La proteina CD47 nelle cellule tumorali: la scoperta del San Raffaele

I ricercatori del San Raffaele hanno, però, scoperto una situazione in cui la proteina CD47 viene ritirata dalle cellule tumorali, che al contrario delle cellule vecchie si duplicano attivamente e provocano la crescita incontrollata del tumore. 

Secondo quanto riscontrato dai ricercatori è proprio uno dei segnali che promuove la loro crescita a indurre il ritiro di CD47. Le cellule tumorali si espongono così al controllo da parte dei macrofagi, che le riconoscono come ‘legittima preda’ e le presentano al resto del sistema immunitario, che impara a eliminarle. 

“Il fatto che alcune cellule ritirino dalla loro superficie il segnale ‘non mangiarmi’ quando proliferano ha perfettamente senso dal punto di vista evolutivo – spiega Rosanna Mezzapelle, prima autrice dello studio -.  Equivale a una sorta di sistema di sicurezza contro l’emergere di comportamenti di crescita incontrollata, cioè di tumori. Le cellule che crescono di più sono controllate più strettamente. 

Questo meccanismo, come altri di questo tipo non è infallibile, ma può essere potenziato, almeno in linea di principio, stimolandolo in modo controllato.”

Il potenziale anti-tumorale della molecola BoxA 

La molecola che permette l’attivazione controllata del meccanismo di ‘resa’ delle cellule tumorali si chiama BoxA. È una molecola sintetica messa a punto dal gruppo di Bianchi e frutto di un’attività di ricerca ventennale. 

“BoxA è una piccola porzione di una proteina più ampia, contenuta nel nucleo delle nostre cellule e chiamata HMGB1 – spiega Marco Bianchi -. Negli esperimenti che abbiamo condotto in laboratorio, sia in vitro, sia in modelli animali di mesotelioma e colon carcinoma, dimostriamo cheBoxA è in grado di:

  • provocare l’internalizzazione di CD47;
  • quindi, rendere le cellule tumorali più visibili al sistema immunitario. 

Tutto questo senza, però, produrre un’effettiva crescita del tumore, ma anzi rallentandone la progressione”.

La molecola è stata per ora impiegata solo in studi di laboratorio, ma ha un ottimo profilo di tossicità, che la rende una candidata ideale per la terapia. 

“L’obiettivo a lungo termine – conclude il Professor Bianchi –  è sviluppare delle strategie terapeutiche che:

  • rendano le cellule tumorali più visibili;
  • agiscano in modo complementare alle immunoterapie già in uso, come gli inibitori dei checkpoint immunitari”.

Fonte: www.hsr.it

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