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Diabete: identificata al Monzino la causa della maggiore mortalità in caso di infarto

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Redazione 9 Luglio 2019
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Un gruppo di medici e ricercatori del Centro Cardiologico Monzino IRCCS, ha scoperto perché le persone con diabete di tipo 2, in caso di infarto acuto del miocardio, hanno una mortalità precoce (cioè nei primi giorni dopo l’evento) quasi doppia rispetto ai non diabetici. I risultati della ricerca sono stati appena pubblicati su Diabetes Care.

Sappiamo fin dagli anni ’60 che le persone con diabete di tipo 2 muoiono più di frequente dopo un infarto STEMI, la forma più grave di infarto del miocardio, – spiega Giancarlo Marenzi, Responsabile della Terapia Intensiva Cardiologica del Centro Cardiologico Monzino e primo firmatario dello studio. – Tuttavia, non si conosceva esattamente il perché di questa evidenza: fino a ieri abbiamo pensato che a peggiorare la prognosi fosse la presenza di numerose patologie spesso riscontrate nei pazienti diabetici. Il nostro studio ha dimostrato che non è proprio così“.

Lo studio ha misurato una serie di parametri tra cui la funzionalità cardiaca (tramite la frazione di eiezione del cuore) e la funzionalità renale (tramite il dosaggio della creatinina) nei pazienti che accedevano al Monzino e al Policlinico San Matteo di Pavia con infarto STEMI, sia con diabete di tipo 2, sia non diabetici.

Il confronto dei dati ha evidenziato che la mortalità è maggiore nei pazienti che hanno un danno renale o cardiaco al momento del ricovero, condizioni più frequenti proprio nelle persone con diabete.

Dunque, non è il diabete di per sé ad aumentare il rischio di mortalità precoce nell’infarto, bensì la ridotta capacità contrattile del cuore e l’alterata funzione renale di questi pazienti, che potrebbero essere contrastate con farmaci appropriati.

In Italia, – ricorda Stefano Genovese, Responsabile Unità Diabetologia, Endocrinologia e Malattie metaboliche del Monzino e co-autore dello studio, – quasi quattro milioni di persone convivono con una diagnosi di diabete, ma meno della metà viene curato da uno specialista diabetologo, che tuttavia è l’unico che può prescrivere i nuovi farmaci. Inoltre quasi il 10% dei diabetici nel nostro Paese scopre la malattia a seguito delle sue complicanze. La nostra scoperta apre le porte alla prevenzione del rischio di mortalità per infarto nelle persone con diabete“.

Lo studio ci dimostra quanto sia importante identificare questa malattia precocemente e curarla con un approccio multidisciplinare coordinato dallo specialista diabetologo. Oggi a tutti i pazienti che soffrono di diabete di tipo 2 possiamo dire con chiarezza che se la funzionalità renale e cardiaca sono preservate, la loro prognosi cardiovascolare sarà migliore e, diversamente da quanto si è creduto fino ad ora, non sarà diversa da quella dei non diabetici. (Stefano Genovese)

Fonte: www.cardiologicomonzino.it

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