fbpx



Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Medicina Notizie Locali Lombardia Top Varese

Varese: storia di una guerra contro il tumore al seno. E di una vittoria.

blank
Redazione 25 Giugno 2019
blank

La storia di Mara e della sua guerra contro il tumore al seno: una guerra affrontata a Tradate e Varese con tante altre donne che, preparate e specializzate, tutti i giorni scendono in campo con l’idea che il paziente, la paziente, sia al centro del loro lavoro e che l’obiettivo sia lo stesso per tutte: la vita e la guarigione.

Mara ha 43 anni, è un’insegnate e, prima ancora, una mamma. La sua vita scorreva tranquilla prima di scoprire la presenza del ‘bastardo’, come lo chiama lei: un tumore al seno rimosso all’Ospedale di Tradate dal Dott. Antonio De Luca, specialista della Chirurgia generale diretta dal Dott. Andrea Rizzi.

A Tradate Mara si sottopone anche alla chemioterapia. Passa quindi a Varese per la radioterapia: 30 sedute, un percorso che a Mara sembra infinito.

Mi spaventava l’idea di dover affrontare un ambiente nuovo, persone nuove, ma soprattutto il dover raccontare ad altri il mio percorso, il mio dolore, mettermi allo scoperto nuovamente. Il primo appuntamento è stato tranquillo e rassicurante: il Dott. Stucchi mi spiegò tutto e disse: “Che dire signora, da adesso in poi solo cose positive. Il peggio è andato”.

Provai un piacevole scossone: ero lì con mio marito (l’ennesima visita, l’ennesimo inizio, e la paura lì sotto alla parrucca). Iniziai il percorso a Varese con il cuore più leggero. Tutti i giorni, per poco più di un mese, raccontai delle bugie a mio figlio. Le bugie erano a fin di bene, le chiamo le bugie bianche: dicevo a Leo che dopo il lavoro, per diversi giorni, sarei dovuta andare a fare dei corsi di aggiornamento. Effettivamente, andavo ad aggiornarmi, a riabilitarmi alla vita, a distruggere il marcio, a mettermi al sicuro. Mio figlio era infastidito da quell’uscire di corsa da scuola, arrivare dai nonni, baciarmi, scendere dalla macchina e sentirmi dire “a dopo, ti voglio bene”. Lo vedevo entrare, aspettavo che si chiudesse alle spalle il cancello, trattenevo il magone, alzavo il volume della radio ed andavo… L’unica cosa che mi faceva stare meglio era togliere la parrucca, metterla sul sedile di fianco dentro la borsa, prima di arrivare in ospedale. Faceva molto caldo e quella scusa alleggeriva la testa, i pensieri, la paura. Quando arrivavo in ospedale parcheggiavo la macchina e velocemente mi dirigevo verso il reparto sotterraneo di radioterapia…Tutti i giorni, scendevo dalle scale e risalivo con l’ascensore (un rito riabilitativo). Ormai era la mia routine, ma mi dava sollievo sapere che lì sotto, dove non sarei voluta andare, trovavo ad aspettarmi qualcuno che si occupava di me: era una tecnica di radioterapia: Carolina Elia. Fu lei a farmi quei tatuaggi che ogni giorno mi ricordano che sono una roccia. Aspettavo nella saletta che venisse fuori e mi chiamasse. Poi, mi preparavo e mi sdraiavo sul lettino. Durava pochi minuti, ma anche quando arrivavo sorridendo, dopo, lì sdraiata, scendevano le lacrime ed arrivavano fino al seno, fino a toccare le cicatrici. 

In quei giorni di ‘corso di aggiornamento’ incontrai la Dottoressa Marinella Molteni, un medico fantastico, professionale, umano e paziente. La radioterapia iniziava a darmi fastidio, ero sempre più stanca, la pelle bruciava. Quando mi visitò piangevo come una bambina che vuole la sua mamma. Eppure, mentre le parlavo, stranamente mi sentivo più tranquilla: avevo trovato, ancora una volta una persona che mi ascoltava, che mi guardava negli occhi e che mi spiegava. Non mi sentivo malata, mi sentivo più leggera e, cosa importante, non mi sentivo sola. Avevo la percezione che quel percorso obbligato fosse fatto in compagnia: la sua umanità era disarmante e la colsi, perché avevo bisogno di sentirmi abbracciata. 

Mi piace pensare che in tutto questo percorso obbligato, ho trovato delle donne che si prendono cura di altre donne. Oltre al Dott. De Luca, infatti, ho sempre incontrato donne che, con diversi ruoli, si sono messe in gioco e spese per aiutare altre donne, all’Ospedale di Tradate la Dott.ssa Carmen Del Vino, la Dott.ssa Silvia Tomera. Nel reparto di Radioterapia dell’Ospedale di Varese, oltre alla Dott.ssa Marinella Molteni e i suoi collaboratori, ricordo Adele Patrini, Presidente dell’associazione Caos, la Dott.ssa Anna Maria Grande e la fisioterapista Laura, la Prof.ssa Francesca Rovera, la Dott.ssa Linda Bascialla e la Dott.ssa Elisabetta Benvegnu’ Pasini.

Mi piace pensare che una rete di Donne preparate e specializzate tutti i giorni scendano in campo con l’idea che il paziente, la paziente, sia al centro del loro lavoro e che l’obiettivo sia lo stesso per tutte: la vita e la guarigione.

Tutti  i giorni mi alzo dal letto con questo pensiero perché quella parte, quella brutta parte che continua a rimanere lì, seppur sempre meno ingombrante nel tempo, mi ricorda che ho conosciuto la malattia, non mi è piaciuta, ma ci ho fatto i conti. La strada, la mia strada, mi aspetta: devo camminare, conoscere luoghi e persone nuove, respirare e continuare a fare ciò che mi fa star bene, che mi permette di essere ancora meglio di ciò che ero, prima di incontrare la malattia. E questo grazie a tutte voi, donne occupate a riabilitare noi donne ferite nel corpo e nell’anima!“.

Fonte: www.asst-settelaghi.it

Tags: